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Termini Imerese: tracce arabo-islamiche nella Sicilia normanna al corso di archeologia medievale

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La Sicilia, da millenni crocevia di popoli e culture, è sempre stata considerata la culla del Mediterraneo. Una florida terra di confine tra Oriente e Occidente in cui le molteplici popolazioni, che qui vi hanno transitato, hanno lasciato delle orme, le cui tracce possono ancor oggi essere rinvenute nei retaggi culturali, artistici e linguistici.

Fenici, Greci, Romani, Bizantini, Arabi, Normanni, Svevi, Angioini e Borboni sono le popolazioni e le dinastie che hanno decisamente lasciato la propria impronta. In particolar modo, il patrimonio materiale ed immateriale siciliano è intriso di elementi arabi ed arabo-normanni.

L’arrivo degli Arabi in Sicilia è attestato nell’827 d.C. a Capo Granitola, a seguito dell’aiuto richiesto dal turmarca, Eufemio di Messina, agli Aghlabiti per cacciare i Bizantini. Gli Arabi approfittarono del sostegno offerto per conquistare l’intera Isola: dapprima la parte occidentale e successivamente Messina, Modica, Lentini, Ragusa, Enna, Siracusa e Taormina.


A seguito della conquista, la Sicilia rifiorì sia economicamente sia culturalmente e godette di un lungo periodo di pace e prosperità. Divenne il punto nevralgico degli scambi commerciali mediterranei, vennero introdotte tecniche innovative nell’agricoltura e numerosi prodotti furono realizzati ed esportati.

Ancor oggi la memoria araba rivive nella lingua siciliana ed in special modo nella toponomastica e nell’onomastica; esempi significativi sono i nomi Misilmeri, che deriverebbe da Manzil al-amīr (Casa dell’emiro) e Fragalà da Farağ Allāh (Protetto da Dio), molteplici sono anche i vocaboli di uso quotidiano o impiegati nell’ambito agricolo di derivazione araba.

Nei due secoli e mezzo di dominazione araba furono eretti splendidi monumenti che con l’avvento dei Normanni furono trasformati secondo i loro gusti e le loro esigenze, usufruendo però della bravura delle maestranze arabe.

Andando in giro per Palermo ci si imbatterà in monumenti in cui coesistono elementi greci o latini ed elementi caratteristici dell’architettura araba, come le muqarnas o le tipiche cupole. Tale connubio di stili architettonici ha dato vita ad uno stile unico denominato arabo-normanno.

La Cappella Palatina, la Chiesa di San Giovanni degli Eremiti e la Chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio sono soltanto alcuni degli esempi più rappresentativi.
Giuseppe Petrantoni è docente a contratto di Lingua e Letteratura araba presso l’Università degli Studi di Enna “Kore”.

Nel 2022 ha conseguito l’Abilitazione Scientifica Nazionale alle funzioni di professore universitario di seconda fascia per il settore concorsuale 10/N1 (Culture del Vicino Oriente Antico, del Medio Oriente e dell’Africa). Oltre ad aver collaborato con l’Università di Macerata in un PRIN, in qualità di traduttore dall’aramaico siriaco, ha insegnato Filologia semitica presso l’Università degli Studi di Firenze. In quest’ultimo ateneo ha altresì ricoperto la cattedra di Epigrafia greca per la Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici.

Dal 2018 è cultore della materia in Filologia semitica presso l’Università degli Studi di Catania. Ha all’attivo diverse pubblicazioni in riviste scientifiche nazionali ed internazionali ed è autore delle monografie: I TurcarabiDue popoli sotto l’Impero ottomanoOnomastica aramaico-greca. Un tentativo di ricostruzione della fonologia del nabateoCorpus of Nabataean Aramaic-Greek Inscriptions

Svariati sono i convegni ed i seminari, di carattere nazionale ed internazionale, a cui ha partecipato in qualità di relatore. I principali campi di ricerca di cui si occupa riguardano la lingua e la letteratura araba, l’epigrafia e la filologia semitica, e l’epigrafia greca.
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