Una festa per lui avrebbe dovuto suggellare un momento così tanto aspettato ma in realtà era tutta una farsa perché allo studente manca ancora qualche esame per concludere il suo percorso universitario pur essendo già a un passo dal traguardo.
Vestito nuovo, le bomboniere, il ristorante, i fiocchi rossi in giardino. E il regalo: un viaggio in Giappone che non farà mai.
Avrebbe dovuto discutere all’indomani la sua tesi ma presto si sarebbe scoperto che era un temporeggiare.
Forse si sentiva sotto pressione, con molte aspettative addosso. Era sensibile e ne sentiva possibilmente il peso. Aveva così finto di aver concluso.
Si era allontanato per raggiungere degli amici e distrarsi in un locale di Montegrotto sostenendo di essere teso, poi nella notte di lunedì scorso, si è schiantato con la sua auto contro un albero e ancora c’è da accettarne le cause del decesso se è avvenuto per malore, a causa di uno sbandamento che gli ha fatto perdere il controllo dei veicolo o se si è trattato di un gesto volontario, avvilito della sua stessa bugia.
Tante ancora le ipotesi da accettare per scoprire la verità. Si sente in colpa il padre, Stefano, forse avrebbe dovuto capirlo meglio, stargli più vicino. Ma non conosceva il suo dramma interiore. I genitori sostengono di aver notato che era un po’ fermo, silenzioso ma non immaginavano una destabilizzazione interiore, un momento di crisi che avrebbe portato a tale simile epilogo.
Sapevano i familiari il titolo della tesi. Un’analisi sulla percezione del servizio sanitario da parte dei pazienti prima e dopo il Covid. Ma il padre sostiene di non averla mai letta, sui figlio diceva che doveva essere una sorpresa. A questo punto non sa neppure se quella tesi esista davvero.
Forse sarà tutto iniziato da una bugia innocente sostiene Stefano, forse per gestire un momento di debolezza, seguita da un’altra, e poi un’altra…finché non ha retto.
Era entrato in crisi con il lockdown. Gli mancava un esame: Filosofia del Nursering. Diceva che lo aveva superato dopo essere stato bocciato più volte, che era pronto per la laurea.
“Era un bravo ragazzo Riccardo: sognava di diventare paramedico del Soccorso Alpino perché amava molto la montagna, la natura. Lo ricordano
educato molto educato, di animo buono.
S’ impegnava nel volontariato, aveva fatto l’animatore dei bimbi in parrocchia e aiutava a organizzare la sagra del paese. Era felice quando si sentiva utile. La sua sensibilità forse è stata la sua più grande fragilità che è diventata una condanna
che non ah più saputo gestire senza chiedere aiuto. Forse per la paura di non essere capito o giudicato”.
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