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Termini Imerese e la sua “Maronna Ranni”

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“A Maronna Ranni” ovvero la Madonna Grande, è l’appellativo con il quale i termitani amano popolarmente definire la statua della Immacolata che si venera nella nostra Chiesa Madre. E proprio questo simulacro ha una sua originale storia che è il caso di conoscere.

Da tempo noi la ammiriamo in tutta la sua bellezza all’interno della cappella al Duomo, e magari pensiamo che sempre li sia stata. Invece non è così. Quella statua infatti proviene da un’altra antica chiesa, oggi non più esistente; e cioè da quella di San Francesco d’Assisi che si trovava li a pochi passi, e dove oggi sono invece le scuole elementari.

A farla realizzare erano stati nel 1799 i frati di quel convento fondato da San Gandolfo, e che per tantissimi anni in quella stessa chiesa la venerarono, portandola anche in processione. Fu scolpita in pesante legno di cipresso nella bottega palermitana di Filippo Quattrocchi, scultore madonita originario di Gangi; che per l’opera chiese 14 onze 8 tarì e 5 grana.

La statua arrivò nella nostra città dal mare e venne accolta dal clero, dalle autorità e dai fedeli che in pellegrinaggio la scortarono fin nella sua chiesa; e li rimase per almeno sessanta anni.

Ma come e perchè l’Immacolata finì poi al Duomo? Pare che i frati, quasi a voler dimostrare il loro attaccamento alla Madonna, avevano voluto che la statua, oltre che bella, fosse anche imponente; cosa che però causò ben presto dei problemi.

Si narra infatti che essendo la porta della loro chiesa di dimensioni ridotte, ogni qual volta c’era da portarla in processione la statua non riusciva ad uscire con tutta la vara, ma bisognava portarla fuori a braccio e poi montarla all’esterno.

Ebbene capitò in una occasione che al rientro, a causa di un forte temporale, la statua non poté essere scesa dalla vara. E così, per evitare che si danneggiasse fu deciso di portarla subito nel vicino duomo; da dove poi non è più uscita.

Si racconta pure che fu proprio li che la nostra Madonna compì il suo primo miracolo; e ve ne propongo brevemente la storia tramandata a voce da oltre 150 anni e che quindi, come sempre, consiglio di prendere con estrema cautela.

Si dice che tra coloro che in quella occasione avevano portato la statua al duomo c’era un contadino, un tale Giuffrè, che aveva terre poco fuori porta Palermo.

L’uomo, non più giovane, una mattina si era arrampicato su un grosso e vecchio albero di gelsi; ma mentre era intento alla raccolta ecco improvvisamente spezzarsi un ramo che lo fece precipitare da una altezza di oltre cinque metri. Sostenne il contadino, che mentre cadeva gli apparve per un attimo il volto della nostra Immacolata.

Il tonfo avrebbe potuto avere conseguenze mortali ma l’uomo, dopo lo schianto e tra lo sbigottimento di un amico che era con lui, si rialzò tranquillamente come se nulla fosse accaduto e senza nemmeno un livido!

E fu sempre quel Sacro Volto che segnò pure l’opera dello scultore Quattrocchi. Infatti, leggenda vuole, che l’artista dopo aver finito il corpo, non riusciva più a realizzarne un viso che gli piacesse; e ciò gli faceva passare notti insonni.

E fu proprio in una di quelle notti che quel viso dolce e soave gli apparve in sogno e l’indomani, con molta facilità, egli riuscì finalmente a crearlo e poté così completare l’opera. Oggi 29 novembre alle ore 10,30 a Maronna Ranni alla presenza del clero, dei confrati e dei tantissimi fedeli, uscirà dalla sua cappella, e verrà portata all’abside per l’inizio del solenne novenario.

E’ una consuetudine ultra secolare che Termini ed i termitani rinnovano con gioia e con fede e che identifica la nostra comunità intorno alle sue antiche tradizioni.
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