Nemiche sorelle: perché?

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È un errore dare per scontato che le sorelle vadano sempre d’accordo per il legame di sangue. Bisogna intervenire in fase di crescita e formarle al rispetto l’una dell’altra.

Si pensa sempre che due sorelle siano anche amiche per la pelle: se vicine per età, perché sono cresciute insieme, condividendo amici, studi e interessi; o magari perché una ha fatto da “vicemammina” all’altra, creando un legame imprescindibile. Ma è un luogo comune: esistono anche sorelle che, fin dall’infanzia, litigano su tutto. O si sono sempre trattate con indifferenza. Al di là di piccoli screzi o gelosie, a volte la conflittualità esplode quando ci sono da prendere decisioni su come occuparsi di genitori anziani, per esempio, o quando si tratta di gestire l’eredità. Ci sono sorelle che arrivano a non rivolgersi più la parola e a non frequentarsi nemmeno per le feste comandate. C’entrano il carattere, le situazioni di vita, i rapporti con altri parenti (per esempio tra i cognati). Ma è possibile che questi contrasti gettino radici quando le sorelle sono ancora bambine? È anche un problema di educazione nell’infanzia? C’è qualcosa che i genitori possono fare per prevenire queste situazioni in età adulta?

«Il fatto di essere sorelle non è una garanzia di buona gestione delle vicende famigliari», conferma Benedetta Comazzi, psicologa del centro polispecialistico Medikern di Milano. «Nel momento in cui le ragazze diventano grandi e lasciano la famiglia d’origine, hanno vite diverse, ciascuna prende la propria strada, e, come due persone qualunque che crescono in ambiti diversi, sviluppano un proprio approccio alle cose, bisogni, credenze e aspettative differenti. E ciò porta ad affrontare questioni comuni – come prendersi cura di un genitore anziano, la scelta della badante o di una casa di riposo – in modo diverso».

A maggior ragione se sono due sorelle che fin dall’infanzia hanno avuto un rapporto conflittuale. «L’educazione potrebbe avere un ruolo: c’è un’influenza socio-culturale sul modo in cui queste due donne maturano, ma nell’infanzia dovrebbe esserci un’educazione alle emozioni, alla consapevolezza, a un atteggiamento comprensivo verso altro, che non si declina nel “di’ sempre buongiorno e grazie”, ma in un lavoro lento e continuo, fatto anche di esempi, che ogni giorno scava come una goccia la roccia. Cosicché i bambini possano interiorizzare che c’è un altro diverso da noi, che ha bisogni e punti di vista diversi dai nostri, che merita comunque ascolto».

Cosa possono fare i genitori, in pratica? «Quando le sorelline sono ancora piccole, cercare di educarle a un mondo emotivo, di empatia e a comunicare con serenità. Perché da grandi, quando si trovano a discutere su a chi debba andare la casa dei genitori, spesso finiscono per litigare perché non sanno come parlare senza generare risse: e quindi insegnare alle bambine a parlare a turno, ad aspettare che l’altra abbia finito, a rispondere a tema. E comunque non dare per scontato che debbano andare d’accordo per forza “per legame di sangue”: bisogna anche trovarsi simpatiche. Anche se questo non giustifica le liti nei momenti difficili della vita, perché se c’è una buona educazione al rispetto e alla reciprocità, comunque si riesce a discutere in maniera civile e a risolvere i conflitti».

Per padre Giovanni Calcara, domenicano del convento di Soriano Calabro (Vibo Valentia), «Il comandamento che dice “Onora il padre e la madre” oggi assume mille sfaccettature, anche pratiche, oltre alla riconoscenza per il dono della vita. Anche se non sempre siamo nelle condizioni di poter adempiere a questo dovere, è vero che molti conflitti tra sorelle o fratelli dipendono da come i genitori li hanno saputi educare, se sono stati capaci di armonizzare personalità diverse e di non caricare di responsabilità una o l’altra, con frasi come “Tu sei più grande, devi capire” o “Lei è più grande, ha ragione” o di non manifestare simpatia più verso una figlia che verso l’altra. E poi c’è anche l’educazione alla condivisione: degli spazi in cameretta, dei giochi, dei libri di fiabe.

Padre Giovanni Calcara

Se non si insegna ai bambini a vedere l’altro come un completamento di noi stessi – magari perché una figlia assomiglia di più alla mamma, l’altra di più al papà – e non come un possibile nemico, è inevitabile che quando si deve affrontare un problema pesante come la gestione dei genitori anziani si arrivi più facilmente allo scontro che alla condivisione. Lo stesso quando sai tratta di eredità: se i genitori non hanno provveduto in vita, sulla base delle esigenze delle figlie (cosa che sarebbe auspicabile), pur di mantenere la serenità familiare bisognerebbe anche essere disposte a rinunciare magari a un piccolo terreno che ci si contende “per principio” in nome di un valore più importante come la fraternità o la “sorellanza”, anziché far prevalere la ripicca e la rivalsa. Il rapporto tra sorelle andrebbe visto nella dimensione del dono e della comunione, non in termini materiali. Di quello che si è e non di quello che si ha».
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