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Da quel che si può intuire attraverso la lettura di taluni documenti, potremmo ben dire che Termini Imerese fu tra le prime città siciliane, e magari chissà forse pure la prima, ad ospitare una festa; ovvero quella che oggi potremmo ben definire una sagra, con la quale si promuoveva un importante prodotto della nostra agricoltura. Parliamo dell’uva; ed infatti credo buona parte di voi sappiano che Termini, e questo fin verso la metà degli anni cinquanta, oltre ad essere apprezzata per la produzione di olive ed olio, era ben conosciuta anche per i suoi vigneti ed il suo vino.
Pensate che oltre alle colline circostanti, c’erano vigneti anche dentro la città. Risulta infatti da vecchi documenti che fin quando non furono tolti per far posto al nuovo carcere dei Cavallacci, l’uva veniva coltivata anche nel grande giardino del convento dei Cappuccini.
In taluni scritti sono anche riportati i tipi di uva coltivati e commercializzati nel territorio di Termini, sia come frutta da tavola, sia per essere trasformata in vino. In particolare c’erano lo zibibbo, il pizzutello, l’uva catalana e l’uva fragola; poi la portoghese, l’uva greca, la ‘nzolia e la marsigliana. Ed ecco quindi che per tanti anni, e questo soprattutto durante il periodo fascista, Termini fu protagonista di questa importante sagra.
Era una festa voluta dal regime per propagandare i prodotti del territorio; e si svolgeva anche in altre parti d’Italia, laddove la produzione di uva era particolarmente sviluppata. Oltre che dalle foto che qui vedete e che ho ripreso dal profilo di Fabio Chiaramonte, su quella di Termini Imerese ne troviamo conferma anche in un documento del 10 settembre 1934 nel quale è così scritto:
“…….Ritenuto che il Comitato Cittadino per la celebrazione della V^ festa dell’uva ha nella seduta odierna stabilito di bandire un concorso a premi fra le Ditte che meglio abbelliranno nel giorno indetto per la celebrazione cioè il 16 corrente i loro negozi, e di bandire altresì un corteo folkloristico col concorso delle sezioni locali, delle organizzazioni fasciste, dei datori di lavoro e dei prestatori d’opera agricola…..e d’apprestarsi per il corteo folkloristico il proprio camion debitamente fornito della benzina….”
Il comune quindi oltre a coinvolgere attraverso un concorso i vari soggetti interessati, contribuiva alla realizzazione della festa anche con un sostegno economico; e mettendo pure a disposizione un mezzo meccanico. E come ben si evince facendo i facili conti; la festa che nel 1934 era già arrivata alla 5^ edizione, era di fatto iniziata nel 1929.
Ed oggi, qualora la tradizione non si fosse interrotta, avrebbe avuto alle spalle già 93 anni di storia da raccontare; e sarebbe probabilmente tra le sagre più antiche di Sicilia, se non la più antica. Infatti la stessa sagra del Mandorlo in Fiore che si svolge ad Agrigento è nata “solo” nel 1937 ovvero ben otto anni dopo. La “Festa dell’Uva”, e di questo ne sentivo parlare anche a mia nonna, richiamava in città tanti visitatori, ed era per tutti una occasione di divertimento ma anche di commercio.
Le bambine venivano vestite da contadinelle, e sfilavano assieme alla banda ed a tanti carretti addobbati a festa. Quel giorno facevano affari d’oro i tanti coltivatori di vigne che avevano occasione di vendere la loro uva; ma pure i numerosi tavirnara della città. Uno di questi, forse il più conosciuto, era Giambelluca; che vediamo proprio in una di queste foto, scattata a strata ru macellu, ovvero in via Giacinto lo Faso. Poi pian piano scomparirono i vigneti, e con essi anche la bella sagra termitana, di cui ci sono rimasti solo gli ormai lontani ricordi.
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