Successivamente, presso la locale Sezione A.N.C. di Palermo, l’Ing. Ignazio BUZZI, Ispettore Regionale per la Sicilia, ha consegnato, come deliberato dalla Presidenza Nazionale dell’Associazione Nazionale Carabinieri, la tessera sociale, quale socia d’onore, dell’A.N.C. e il relativo diploma alla figlia del caduto.
Nella circostanza è stata commemorata la figura del decorato.
NOTE BIOGRAFICHE DEL MARESCIALLO VITO IEVOLELLA
Il Mar. Magg. Vito Ievolella nacque a Benevento il 4 dicembre 1929. Si arruolò nell’Arma come Carabiniere nel 1948. Nel biennio 1958-1959 frequentò il Corso Allievi Sottufficiali della Scuola di Firenze, al cui termine venne assegnato alla Legione di Palermo, prestando servizio nel capoluogo presso le Stazioni urbane “Centro”, “Duomo” e “Falde”, la cui caserma è oggi intitolata alla sua memoria. Nel 1965, venne trasferito al Nucleo Operativo del Gruppo di Palermo dove svolse complesse indagini, rese ancora più ardue dalle condizioni ambientali caratterizzate da tradizionale omertà.
Il 10 settembre 1981, il Maresciallo Ievolella, a bordo della propria autovettura Fiat 128 con la moglie Iolanda, nell’attesa della figlia Lucia, impegnata in una lezione di scuola guida, venne freddato da sicari di Cosa Nostra in Piazza Principe di Camporeale, a Palermo.
All’agguato parteciparono quattro killer, armati di pistole calibro 7,65 e fucili caricati a pallettoni, che, appena scesi da una Fiat Ritmo rubata, fecero fuoco in direzione del Maresciallo. Nell’occorso, la moglie riportò una leggera ferita alla regione sopraccigliare destra. Il mezzo usato dai killer fu dato alle fiamme e poi abbandonato in via Caruso, dove fu ritrovato dai Carabinieri. Fu chiaro immediatamente che l’assassinio del Maresciallo Ievolella era da inquadrare in un programma mafioso teso all’eliminazione di quanti si opponessero all’espansione degli interessi criminali.
Il Maresciallo Ievolella era molto noto negli ambienti investigativi dell’Arma e tra i Magistrati per le sue capacità professionali, per l’impegno investigativo e per la determinazione nel fare luce, tanto sul delitto comune, quanto su quello mafioso. Il valore e l’impegno nell’attività investigativa, gli erano valsi sette encomi solenni e quattordici lettere di apprezzamento del Comandante Generale dell’Arma. Da parte della stampa, aveva ricevuto appellativi come “segugio temuto dai boss” e “specialista in casi difficili”.
“Addetto a Nucleo Operativo di Gruppo, pur consapevole dei rischi a cui si esponeva, si impegnava con infaticabile slancio ed assoluta dedizione al dovere in prolungate e difficili indagini – rese ancora più ardue dall’ambiente caratterizzato da tradizionale omertà – che portavano all’arresto di numerosi e pericolosi aderenti ad organizzazioni mafiose. Proditoriamente fatto segno a colpi d’arma da fuoco in un vile agguato tesogli da quattro malfattori, immolava la vita ai più nobili ideali di giustizia e di grande eroismo”.
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