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Di questi 35 arrestati sono accusati a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione, turbata libertà degli incanti, reati in materia di stupefacenti, porto abusivo di armi, gioco d’azzardo e altro, tutti aggravati dal metodo e dalle modalità mafiose nei confronti degli altri soggetti è in corso l’esecuzione di decreti di perquisizione e sequestro.
L’indagine s’inquadra nella più ampia manovra investigativa condotta dall’Arma in direzione della cattura del latitante Matteo Messina Denaro e che, oramai da circa 30 anni si sottrae volontariamente all’esecuzione di decine di misure cautelari.
L’indagine dei carabinieri ruota attorno ad esponenti di primo piano dei mandamenti mafiosi di cosa nostra trapanese, e conferma il ruolo di primo piano di Messina Denaro, il quale sarebbe ancora in grado di impartire direttive funzionali alla riorganizzazione degli assetti nella provincia mafiosa. Inoltre, le investigazioni hanno restituito l’immagine di una perdurante vitalità di cosa nostra trapanese che continua a regolare il proprio funzionamento sul più rigoroso rispetto delle regole ordinamentali che hanno nel tempo contraddistinto l’agire dell’organizzazione.
Il ruolo di Matteo Messina Denaro
Il monitoraggio delle famiglie mafiose di Campobello di Mazara, Mazara del Vallo e Marsala, nelle loro espressioni di vertice ha fatto emergere, in primo luogo, la figura di un uomo d’onore campobellese che, recentemente scarcerato e già protagonista in passato di importanti dinamiche riguardanti i rapporti dell’area trapanese con esponenti di vertice di cosa nostra palermitana, secondo quanto ritenuto dal gip, sarebbe gravemente indiziato di esprimere una costante e trasversale autorevolezza nell’ambito di dinamiche intermandamentali, anche esterne alla provincia di Trapani.
L’uomo avrebbe avuto comunicazioni da parte del capo mafia di Castelvetrano per stabilire i vertici della famiglia come il reggente della decina di Petrosino e chiesto conto circa la nomina del reggente dell’importante mandamento di Mazara del Vallo che era rimasto vacante dopo l’operazione Anno Zero.
Le indagini hanno anche permesso di ricostruire la successione al vertice di cosa nostra marsalese, individuando i soggetti allo stato gravemente indiziati di rivestire il ruolo di reggenti e documentandone le interlocuzioni con il più volte citato esponente mafioso campobellese.
Il ruolo del boss di Campobello di Mazara
L’indagine ruota attorno a Francesco Luppino che era stato scarcerato dopo l’ennesima condanna e avava ricominciato a tessere le fila nel mandamento di Campobello Di Mazara.
Secondo gli investigatori è uno degli uomini di punta di Messina Denaro. Nel corso delle indagini del Ros sono stati ricostruiti anche rapporti tra mafiosi che vanno al di la della provincia d Trapani. Rapporti con la cosa nostra palermitana, agrigentina e catanese nel cui ambito i trapanesi venivano indicati come “quelli che appartengono a Matteo Messina Denaro”.
La mafia trapanese controlla il tessuto economico sociale con riferimento a presunti condizionamenti della libertà degli incanti, alla gestione, in forma pressoché monopolistica del settore della sicurezza nei locali notturni e del recupero crediti. Non solo ma compiono continue azioni per alterare le procedure di aggiudicazione di immobili oggetto di asta giudiziaria; presunte estorsioni in danno di aziende locali nel settore enogastronomico (tra cui una cantina vinicola) e turistico (strutture ricettive). I boss hanno la disponibilità di armi da fuoco. Nel corso dell’operazione sono state effettuate numerose perquisizioni su siti ritenuti di interesse anche ai fini della ricerca del latitante ed intensificate le attività di controllo del territorio nelle località di maggiore interesse operativo.
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