Le indagini sono state avviate al fine di accertare alcuni casi sospetti di sfruttamento lavorativo posto nei confronti di alcune immigrate nigeriane ospitate in diversi centri di accoglienza.
Nel corso degli approfondimenti investigativi, svolti dalla Squadra Mobile con il coordinamento della Procura della Repubblica di Palermo, sarebbe emerso che, tramite società operanti nel settore dei servizi di pulizia, riconducibili ad un’unica struttura consortile denominata Diadema, le lavoratrici immigrate sarebbero state individuate all’interno dei citati Centri di Accoglienza e destinate a svolgere mansioni di governanti ed addette alle pulizie presso alcuni esercizi ricettivi di Palermo e di Castelvetrano.
Tali accertamenti sarebbero stati suffragati dalle lettere di assunzione e dai contratti di lavoro acquisiti dagli investigatori dove sarebbe emerso che gli orari di lavoro dichiarato erano nettamente inferiori a quelli effettivamente svolti.
Invero, l’attività d’indagine ha consentito di far emergere il deprecabile fenomeno del sistema dei cosiddetti “schiavi del pulito”, documentando una trasposizione del lavoratore da “persona” a “macchina di lavoro”, con turni di lavoro massacranti, superando regolarmente le 10/12 ore consecutive, per una paga, quando retribuita, pari ad euro 400,00 mensili.
Nel corso delle acquisizioni investigative sarebbe emerso che i componenti apicali della struttura associativa, riconducibile al citato consorzio denominato Diadema, attraverso la stipula di fittizi contratti di lavoro part-time o con l’assunzione “in nero” dei lavoratori stranieri si sarebbero procurati anche un ingiusto profitto, cagionando un danno all’INPS, consistente nel mancato versamento dei contributi previdenziali spettanti ai lavoratori.
Nel medesimo contesto sarebbero state rilevate anche delle condotte di natura estorsiva in quanto alcuni dei destinatari del provvedimento restrittivo, in caso di denuncia, avrebbero minacciato i lavoratori sfruttati, prospettando loro di essere licenziati o di perdere l’ospitalità nella struttura di accoglienza, nonché l’ottenimento dello status di rifugiato.
Per tutti questi motivi il G.I.P. presso il Tribunale di Palermo ha disposto gli arresti domiciliari per i cinque indagati, di cui tre rappresentanti delle società consorziate e due responsabili di centri di accoglienza di Palermo, nonché il divieto di esercizio di uffici direttivi di persone giuridiche ed imprese per la durata di un anno.
Sono in corso diverse perquisizioni delegate dalla competente Autorità giudiziaria delle società che si riconducono al citato Consorzio, finalizzate al sequestro di apparecchiature informatiche e documenti contabili.
I provvedimenti restrittivi disposti dal GIP di Palermo accolgono un quadro indiziario a carico degli indagati la cui responsabilità penale sarà definita nelle successive fasi processuali in ossequio ai principi costituzionali di presunzione di innocenza.
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