Chi mi conosce sa che sono poco avvezzo ai miracoli; ma mi piace raccontarli perchè essi sono il sale della religiosità popolare, e spesso hanno generato bellissime tradizioni tutt’ora in auge.
Quello di cui vi parlo oggi vede protagonista Santa Rosalia, ed accadde a Termini Imerese intorno alla metà dell’ottocento.
Il fatto mi venne narrato tanti anni fa da una anziana donna del mio quartiere; e quindi ve lo riporto come racconto tramandato a voce e perciò da prendere con le dovute “precauzioni”.
C’era a Termini una ancora giovane mamma che aveva già tre figli e che, probabilmente non voluta, ne aveva partorito anche una quarta. La famiglia viveva di stenti ed in assoluta povertà; e la nuova nascita, piuttosto che gioia, mandò la donna nello sconforto.
La sua decisione fu allora quella di abbandonare la neonata portandola alla cosiddetta “rota ri nnuccenti” che, ancora oggi, esiste nel nostro monastero di Santa Chiara.
Ma mentre la donna cercava di sistemare la piccola nella nicchia avvolgendola in miseri panni, e prima di suonare la campanella per avvertire di quella presenza chi avrebbe dovuto prendersene cura, li proprio accanto sulla parete bianca, alla donna apparve chiaro il beato volto della Santuzza dai cui occhi scendevano copiose lacrime.
La donna a quella vista riprese subito in braccio la sua piccola e, quasi svenuta, cadde in ginocchio sciogliendosi in pianto e preghiere. Rinunciò così all’abbandono riportando a casa la piccola; alla quale al battesimo diede come nome proprio Rosalia.
Accadde pure che, e non si sa come, presto le condizioni economiche della famiglia migliorarono, e Rosalia con i suoi fratelli potè così crescere con serenità e con il ritrovato amore dei genitori.
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