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Era questa la considerazione che si faceva allorchè un semplice se pur fastidioso sibilo all’orecchio, diventava invece causa scatenante di questo antico pregiudizio. Infatti se a fischiare era l’orecchio destro allora si diceva che qualcuno stava parlando di noi a fin di bene; al contrario, se a fischiare era l’orecchio sinistro, ciò voleva invece dire che ci stavano “sparrannu” ovvero si stava parlando male di noi.
A questo punto il malcapitato attraverso un “ingegnoso” sistema cercava di risalire all’autore della malefatta; ed infatti a tale scopo si rivolgeva a qualcuno che gli stava vicino chiedendogli di dire un numero da 1 a 21.
Ciò consentiva alla vittima delle altrui maldicenze di associare a quel numero una lettera che, secondo tale superstizione, corrispondeva a quella iniziale del nome dell’autore del pettegolezzo.
Non si sa perché ma, soprattutto le donne, erano convinte che a parlar male di loro fossero sempre persone dello stesso sesso; e guai, se tra questi probabili nomi, spuntava fuori quello di qualcuna con la quale non correva buon sangue.
Infatti a quel punto il sospetto non si limitava alla semplice sparlata ma a vere e proprie “iastimi e sintenzi” con conseguenti stizzite esclamazioni del tipo: “Li iastimi su di canigghia, cu li manna si li pigghia”; oppure, come se in quel momento si avesse davanti la colpevole, con altre colorite battute quali: “Tà manciari l’ossa cu sali” od anche “Supra o to pilu…tappinara”!
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