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In particolare, a seguito di mirata attività d’indagine effettuata da altra forza di polizia, si accertava come i due soggetti – un uomo di 41 anni originario di Palermo ed una giovane donna di 29 anni di origini siracusane – appartenessero ad un particolare gruppo nomade, diffuso soprattutto in Sicilia e noto come “camminanti” (caminanti in siciliano), la cui comunità più cospicua risulta radicata a Noto (SR).
Proprio da Noto partivano diretti in tutta Italia, per poi scegliere, con cura, le loro vittime, l’ultima delle quali a Messina.
In buona sostanza, poveri malcapitati venivano accusati di aver provocato un incidente stradale, causa non solo di danni fisici ma anche materiali, in particolare la rottura del vetro di un orologio di pregio. Da tale asserita circostanza partiva poi il solito teatro: la minaccia di chiamare i vigili urbani per denunciare una presunta omissione di soccorso, con conseguente ipotizzato ritiro della patente della vittima del raggiro, e la prospettata soluzione bonaria di consegnare, nell’immediatezza, una somma di denaro in contanti, corrispondente al prezzo del presunto orologio danneggiato.
Ma v’è di più.
Non solo minacce di danni ingiusti, quali l’intervento della forza pubblica ed il ritiro della patente, ma anche finte telefonate a compagnie assicuratrici, cui rispondevano ovviamente complici della coppia i quali, fingendosi agenti d’assicurazione, suggerivano al povero anziano di assecondare la richiesta formulatagli dal duo criminale, pena il dover corrispondere cifre ancora più esorbitanti per il valore, fintamente assicurato, dell’orologio di pregio danneggiato.
Un sistema ben architettato che, tuttavia, come spesso accade, non sfuggiva alle indagini disposte dalla locale Procura della Repubblica che, atteso il significativo quadro indiziario raccolto, disponeva anche mirate indagini economico-patrimoniali nei confronti dei due soggetti e dei rispettivi nuclei familiari.
Emergeva, quindi, come i due target d’indagine non solo risultassero titolari di numerosi terreni e fabbricati ubicati nei comuni di Melilli (SR) e Noto (SR), nonché di diverse autovetture e di ingenti risorse finanziarie sui conti correnti postali loro intestati, ma come tali disponibilità risultassero totalmente incoerenti con i redditi legittimamente dichiarati al fisco: un gap non altrimenti spiegabile se non come risultante delle plurime truffe ed estorsioni compiute.
Seguiva un lungo ed articolato iter giudiziario che portava, dapprima, al sequestro dei medesimi beni, per poi, da ultimo, all’odierno dispositivo definitivo di confisca dei beni già oggetto di sequestro nei precedenti gradi di giudizio.
L’occasione, peraltro, è altresì utile per richiamare l’attenzione sulle fasce più deboli della nostra società, anziani soli ed indifesi che, in alcuni casi, anche umiliati per il raggiro subito, non effettuano neanche le necessarie denunce.
La cronaca giudiziaria è purtroppo piena di episodi di ogni genere: finte letture di utenze, finti appartenenti alle forze di polizia, finte telefonate di parenti prossimi in difficoltà, finti lasciti testamentari, finti incidenti stradali e così via, tutte circostanze tese a circuire e soggiogare psicologicamente la povera vittima.
In questo caso, invece, proprio la determinazione e la pronta denuncia della stessa vittima non solo ha consentito di porre fine ad uno squallido sistema criminale, ma anche di restituire alla collettività gli illeciti patrimoni accumulati ed oggi definitivamente confiscati dalla Corte d’Appello, dalla Procura della Repubblica e dalla Guardia di Finanza di Messina.
L’odierna operazione testimonia la necessità di una costante azione di sensibilizzazione su un tema così delicato: denunciare sempre e ricordare ai nostri anziani di adottare tutte le cautele necessarie nei contatti con gli sconosciuti e, se si nutre il minimo dubbio, rivolgersi con fiducia alle istituzioni preposte, senza temere di chiedere aiuto.
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