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“Eravamo in piena pandemia, fare visite ed esami era difficilissimo. Il primo intervento per ricostruire le vie biliari non è stato risolutivo – ha raccontato Gioacchino a Giusi Spica di Repubblica – E così il professore ci ha messo davanti a un bivio: metterci in lista d’attesa per il trapianto da donatore deceduto o fare le analisi per capire se io o mia moglie fossimo compatibili per la donazione da vivente. Non ci ho pensato due volte, mi sono offerto. “Ma il regalo più bello me lo fa lui ogni giorno quando mi chiama papà, mi stringe, gioca con me”.
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