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Sono trascorsi 70 anni dalla tragica morte di Nicolò Crivici. Era figlio di Nicolò Crivici e Carolina, esuli di Fiume, provenienti da Trieste. Arrivati a Termini nell’agosto 1949 con i figli Loretta, Nicolò e Sergio.
Nel secondo dopoguerra, infatti, la città ospitò oltre mille esuli istriani, fiumani e dalmati. Arrivarono da Pola, Fiume e Zara per scappare dalle persecuzioni degli jugoslavi.
Furono accolti all’interno del campo profughi (ex caserma La Masa).
Nel febbraio del 1952 il campo fu segnato da un evento particolarmente triste. L’ambulanza della Croce Rossa, durante una manovra di marcia indietro, schiacciò con le gomme posteriori il piccolo Nicolò Crivici di cinque anni, nato a Vallona (Cherso) e morto il 15 febbraio 1952. È la sorella Loretta, che vive a Trieste, quella che confina a mantenere viva la memoria del fratello.
«Volevano cambiarci il cognome in Krivicich, ma i miei genitori non lo accettarono e, per questa ragione, sono stati arrestati. Nel luglio del 1948 hanno optato di essere italiani. Da Cherso a Fiume in mare, da Fiume a Trieste con il treno e da Trieste a Termini. Qui siamo rimasti fino al 1956. Purtroppo abbiamo vissuto un dramma: mio fratello Nicolò è rimasto schiacciato da una ambulanza. Mia madre stava lavando i piatti. I miei fratelli stavano giocando. Io ero dentro la tenda. Desidero ringraziare i termitani per l’umanità che ci hanno dimostrato e per l’affetto che ancora oggi riservano a mio fratello».
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