Vita di coppia: “Non mi ama più come una volta”

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Con il passare degli anni calano i gesti d’affetto e tenerezza tra i coniugi. Ma, con il dialogo e vincendo timori legati all’età, si può mantenere vivo e saldo il rapporto.
A proposito dell’evoluzione della relazione di coppia, un saggio una volta ha detto “Prima sono paroline, poi parolone, poi parolacce”. Senza arrivare agli improperi, è vero che nel tempo l’amore evolve, anche nel modo di comunicarlo, fisico e verbale. Di solito sono le donne a lamentarsi di un marito indifferente o “cieco”: «Non mi dice più ti amo, non nota se sono andata dal parrucchiere, una volta mi baciava prima di andare lavoro adesso quasi non mi saluta…».

Ma succede anche agli uomini di rimpiangere la dolcezza perduta da parte della moglie. Baci, abbracci e piccole attenzioni finiscono nel dimenticatoio, sepolti dalle incombenze della quotidianità – figli, lavoro, casa, qualche problema di salute -, ma a volte anche dalla sensazione di “non avere più l’età”. «In qualsiasi tipo di legame, soprattutto quello di coppia, c’è il bisogno di essere riconosciuti dall’altro: e quindi accettati, cercati, desiderati», premette Benedetta Comazzi, psicologa del centro medico specialistico Medikern di Milano.

«Nella coppia di lunga data può essere che le “piccole” attenzioni si assopiscano e subentri anche il timore del ridicolo. Ma quest’ultima sensazione di può ridurre pensando che facendo un gesto di affetto verso il coniuge si sta
rispondendo a un bisogno dell’altro e anche proprio: non ci sentiamo ridicoli quando mangiamo un gelato se abbiamo fame. Perciò non dobbiamo sentirci ridicoli se facciamo una carezza o un complimento, perché stiamo rispondendo al bisogno del marito o della moglie di sentirsi amato, e anche al nostro bisogno di prenderci cura della nostra relazione di coppia». Chi si lamenta perché si sente trascurato, deve pensare che «Per ricevere
attenzioni bisogna accettare di essere in una posizione un po’ più vulnerabile», aggiunge l’esperta. «Quando diamo attenzione a qualcuno – amore, un gesto d’affetto, un regalo – ci sentiamo più forti, più autosufficienti perché siamo noi a dare.

Quando siamo nella posizione di desiderare qualcosa dall’altro, ci sentiamo più vulnerabili, perché manifestiamo un bisogno, siamo più passivi e in balia della risposta che può essere o no positiva. Ci vuole quindi uno sforzo nell’imparare a chiedere: spesso le coppie di lunga non sanno più chiedere. Ma più si chiede, più è facile ottenere». Sapendo innanzitutto cosa si vuole: è facile dire l’altro non dà più attenzione, l’altro non mi dimostra più che mi ama.

Ma che cosa vogliamo esattamente? «Uno dei fattori principali che logora la coppia è l’insoddisfazione dei desideri che però spesso non vengono dichiarati. “Dovrebbe essere lui/lei a sapere ciò di cui ho bisogno” è una pretesa un po’ aleatoria: se non esprimo in modo chiaro ciò che vorrei, non sto facendo niente per agevolare nell’altro il dare».

Domandare è il modo migliore per tenere aperto il dialogo. Conclude Benedetta Comazzi. «Si può premettere l’imbarazzo: “Mi vergogno un po’ a chiedertelo, ma ci terrei a una cena fuori solo noi due, senza i ragazzi”. Una modalità di comunicazione che non fa sentire l’altro attaccato e ci permette più facilmente di ottenere una risposta favorevole. È importante allenarsi a fare richieste di piccole attenzioni, ogni giorno: ciò restituisce alla
persona che si sente trascurata una posizione attiva rispetto al problema di coppia, e dà anche una maggiore probabilità di vedere soddisfatto il suo bisogno di essere amato e “coltivato” dall’altro». Aggiunge padre Giovanni Calcara, domenicano, «Alle manifestazioni esteriori deve sempre corrispondere la dimensione affettiva interiore.

Benedetto XVI nella Deus Caritas Est sottolinea che l’amore della persona va inquadrato nell’amore che Dio ha verso la Chiesa, di cui poi i coniugi sono espressione. Vanno vissute tutte: il dono di sé nella coppia non dipende dall’età, ma è legato al sacramento, all’unione fra l’uomo e la donna e non posso dare per scontato che l’età mi deresponsabilizzi. Se io non mi dono all’altro in tutte le dimensioni – esistenziale, affettiva, sessuale – non vivo la finalità del rapporto. Papa Francesco nell’Amoris Laetitia dice che l’amore è anche in riferimento all’aspetto fisico e io sono chiamato ad innamorarmi ogni giorno, anche quando il tempo ci cambia. Altrimenti si scade in una relazione in funzione di quello che l’altro mi dà: la gestione della casa, l’educazione dei figli, la sicurezza economica. In questo continuo dono c’è invece la capacità di capire l’esigenza altrui non come un capriccio: rendermi
attraente serve a rendermi gradevole anche all’altro, senza dare tutto per scontato e viceversa, notando che mia moglie è andata dal parrucchiere.

Attenzioni che poi non sono così tanto piccole, perché connotano l’attenzione con cui una persona ha cura di sé e si prende cura dell’altro. Non si tratta di paroline o bacetti, ma di uscire da una dimensione narcisistica, ripiegata su se stessi e le proprie preoccupazioni per recuperare l’essenzialità dello stare insieme. E ciò presuppone la fede, l’amicizia, la complicità».

 
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