Ricordare e commemorare le vittime della shoah non significa affatto trascurare altri genocidi, né tantomeno stabilire inutili ‘priorità’ tra stermini e dolori di un popolo piuttosto che di altri popoli. Il giorno della memoria non è un omaggio alle vittime, ma un ricordare quanto avvenuto in quell’Europa.
Il giorno della memoria è istituito in Italia tramite la legge 211 del 20 luglio 2000
La data del 27 gennaio è in onore della liberazione di Auschwitz.
Vengono commemorate le vittime del nazismo ma anche delle leggi razziali italiane, e tutti coloro che si opposero ed aiutarono le vittime.
Ogni anno vengono organizzate cerimonie ed incontri.
Lo scopo non è celebrare, ma ribadire la necessità di studiare e capire il passato.
Sapere che la shoah è esistita.
L’ONU proclama il 1 novembre 2005 la Giornata Internazionale della Commemorazione in memoria delle vittime dell’Olocausto, il 27 gennaio di ogni anno.
Gli stati membri dell’ONU hanno il dovere di trasmettere alle nuove generazioni le “lezioni dell’Olocausto”. I luoghi dove si sono commessi questi crimini politici esistono ancora perché va fatto vedere cosa è accaduto senza che nessuno affermi o pensi che questo non sia accaduto realmente. È tutto vero. Non possiamo capire ma possiamo imparare a non far ripetere.
Ci si adopera allora, alla memoria. Alla riflessione. Eppure, questo triste processo non è ancora chiuso, archiviato, non del tutto concluso, isolato a quella memoria del passato che sembra lontana ma sempre è in continua espansione e ci appartiene soprattutto perchè segue più diramazioni di percorso con più e varie sfaccettature d’analisi.
Una pagina di storia non dimenticata e sempre attuale, dalla quale non si è mai del tutto voltato pagina. È radicato nell’uomo, nella società in cui vive, il concetto di superiorità, di discriminazione con conseguenze d’emarginazione, prevaricazione, mancanza di rispetto e di dignità che si rispecchiano nello status sociale, culturale, lavorativo, di genere… a raggio collettivo o individuale. Si tende sempre a creare delle barriere di divisione. A porre agli estremi qualcuno. A formare gruppi di distinzione.
Oggi, attualmente, una delle ultime divisioni è quella che contrappone vax e no vax al seguito della campagna vaccinale anti covid. E gli atteggiamenti, le misure prese, sono severe da ogni fronte. L’opposizione crea un’altra spaccatura intestina. Ma quante e quante saranno sempre le faglie che metteranno gli uomini l’uomo difronte all’altro? Quando ci sarà reale tolleranza senza incresparsi, senza creare sofferenze?
Nella quotidianità si assistono a continui e numerosi atteggiamenti discriminatori anche nel piccolo, questo perché è proprio la società che crea continui solchi e fratture. Questa cancrena è sempre più difficile da eradicare soprattutto in un’epoca di benessere dove tutto e è falsificato in un unico concetto di perfezione filtrata in più contesti dove l’imperfetto viene escluso categoricamente e pregiudicatamente a priori.
La prepotenza, l’egoismo, l’esaltazione, l’aggressività, sono facili a sfociare,è una cerniera che di allarga: non si parla semplicemente di concezioni razziali, religiose, ma umane anche a livello basilare. Sempre più difficile da sentire e più sparatoria, è diventata quella forma sensibile d’altruismo con sentimenti veri di pietà nei riguardi dei deboli, dei fragili, dei portatori di handicap, degli anziani nelle case di riposo e tanti posti ai margini come diversi come improduttivi e non indispensabili. Lo abbiamo visto con tanti episodi riportati di maltrattamenti proprio a coloro che avrebbero bisogno d’aiuto, che sono indifesi.
“L’atteggiamento più devastante per un popolo è l’indifferenza. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva”, scriveva Antonio Gramsci nel 1917, nel pieno della Prima guerra mondiale, “e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente”.
Oggi a Polizzi Generosa, il gruppo Auser, dona il suo contributo a questa giornata celebrativa, in forma privata, in rispetto alla situazione epidemiologica.
Ricorda la storia, la trasmette ai posteri. Crea modi e momenti di aperta riflessione collegandola anche ai problemi vissuti in questi ultimi tempi difficili ed attuali facendosi da portavoce a più livelli di espansione di messaggio solidale e memoriale.
Vincenzo Liarda del gruppo Auser e coordinatore dell’evento ha affermato: «La giornata odierna rappresenta una ferita per l’umanità ad oggi non rimarginata, noi come piccola sede dell’Auser, nel tempo abbiamo dato il nostro piccolissimo contributo nel preservare la memoria affinché questi inumani fatti non accadano più, quindi l’appuntamento di oggi per noi non è una esibizione/spettacolo, ma continuare nel solco tracciato da tempo, non a caso lo slogan di quest’anno è: LA MEMORIA ADDOSSO, il futuro adesso».
Un lavoro lodevole che va sempre portato avanti con l’impegno e le iniziative di chi apre il cuore creando un punte tra passato e presente.
Perchè per guarire da ogni traccia di orrore, non se ne deve creare ancora.
Forse bisogna ancora insistere. Evitare che si rigeneri ” in più varianti”, che si “dilaghi” ad altre direzioni, ad altre specie .
Forse bisogna essere ancora più preparati ancora più sensibilizzati nonostante il grande lavoro che già stato svolto nel passato che si attua ancora oggi e anno dopo anno si perpetua nel tempo.
L’uomo che esclude, offende condanna, assumere ruoli di dittatore e di giudice che cerca di essere divertiti di una posizione della gerarchia sociale non è da considerare meno alla furia nazista.
E allora quei fili spinati non è vero che sono stati spezzati tanti anni fa, ma crescono ancora forti e si moltiplicano pungendo e resistendo intralciando la speranza e l’evoluzione dell’animo umano del cambiamento.
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