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Puà succedere d’avere dei dubbi sul proseguimento della maternità nel caso di unfeto con la sindrome di Down, ma chi ha scelto la vita non si è mai pentito
La visita è andata bene. Avremo una bella bimba!».
Giacomo e Sara sono una coppia molto fortunata: fisioterapista lui, maestra lei, una bella casa, hanno un bimbo stupendo – lungamente desiderato e atteso – e una piccolina in arrivo a sorpresa pochi mesi dopo la nascita del primogenito.
Ma durante l’ecografia al quinto mese, la dottoressa pronuncia per loro tre parole esplosive e devastanti: Sindrome di Down. Che scatenano contrasti, lacerazioni, contraddizioni, spaccature profonde. E un dubbio: far nascere la bambina o interrompere la gravidanza? Giacomo Rossi oggi è il papà di tre piccoli che hanno cambiato radicalmente la sua esistenza. Soprattutto lei, Stella, la speciale e bellissima bambina con gli occhi azzurri.
Dal trauma emotivo vissuto durante la sua attesa, è nato il bisogno di raccontare una storia d’amore complicata in Una stella nella notte. Storia della bambina che non doveva nascere (Edizioni San Paolo). «Anche se la bimba era già nata, avevo ancora bisogno di fare chiarezza dentro di me. E benché si tratta di una storia personale – e ogni storia è a sé – spero possa essere un aiuto per chi vive una situazione come la mia», spiega Giacomo Rossi a Maria con te.
«Quando arriva la diagnosi sembra sia doveroso informarsi automaticamente sull’interruzione di gravidanza, come se ci fosse un obbligo culturale o morale di perfezione, senza nessuna empatia verso il prossimo, niente più amore né pietà verso chi è più debole. Ma perché non pensare, perché non dubitare?». Nel libro l’autore descrive con grande lucidità e onestà la gamma di emozioni distruttive che affronta: la ricerca di un capro espiatorio in un test mancato, il senso di colpa per non aver accompagnato la moglie all’ecografia, la “speranza-disperata” che l’amniocentesi possa causare un aborto senza essere costretti a sceglierlo… «Anche quando siamo andati in Francia, perché per la legge italiana era troppo tardi per l’interruzione di gravidanza, desideravamo che la situazione fosse tanto drammatica da non darci scelta.
E invece no: la bimba stava bene, meglio di quanto ci avevano detto in Italia. L’ospedale di Nizza era tutt’altro che un “abortificio”: oltralpe le leggi sono più permissive, ma ce l’hanno messa tutta per farci capire che stavamo facendo qualcosa di grosso che avrebbe cambiato la nostra vita per sempre. Tornando all’auto, ci accorgemmo che avevamo parcheggiato in route de Saint-Antoine. E proprio a sant’Antonio da Padova, due anni prima, avevamo chiesto la grazia di un figlio ed era arrivato il nostro Leonardo Antonio». Dopo una notte di angoscia, Sara decide che non vuole farlo. «Siamo riusciti a scappare da un’atrocità che non avremmo potuto cancellare mai più dai nostri cuori e dalle nostre menti. Tornando a casa tutti sani e salvi».
Un altro aiuto insperato arriva a Giacomo e Sara da Nicole Orlando: un video nel quale l’atleta paralimpica dice “Ciao Giacomo, ciao Sara, vi volevo dire che dovete sempre amare i vostri figli, dovete volergli bene, perché loro sono la cosa più importante che avete. Io voglio bene ai miei fratelli e loro vogliono bene a me. Facciamo tante cose insieme”. «Il video sui social di Nicole ha avuto oltre 112mila visualizzazioni.
Decisi, con l’aiuto di Sara, che anche noi avremmo fatto qualcosa per aiutare chi si fosse trovato in una situazione così difficile. Augurandogli di poter almeno attraversare la sua personale “giungla del dubbio”; di imparare a dubitare delle scelte altrui, senza pensare, senza porsi domande. Abbiamo passato momenti duri, con ricoveri, lunghe terapie, dedizione, in bilico su un difficile equilibrio familiare. Ma non abbiamo mai dubitato della nostra scelta. Stella è una bambina vivace e divertente. Dolcissima, ma con un bel temperamento e tanta, forse troppa furbizia».
Commenta padre Giovanni Calcara, domenicano: «Gesù non è venuto per togliere il dolore, la morte, le prove della vita ma per dare un senso nuovo all’esistenza umana, in ogni suo aspetto: soprattutto in quello che il senso di pietà non accetta, come la disabilità o la malattia di un bambino. Prudenza vorrebbe che prima di creare una famiglia la coppia facesse dei test medici di compatibilità, per sapere se ci sono rischi di trasmettere una malattia genetica ai figli. La genitorialità deve essere responsabile, di più se il nascituro è esposto al rischio di essere più fragile degli altri bambini. Fatto salvo il principio indissolubile per i cattolici della sacralità della vita, in ogni sua forma, è importante parlarne con qualcuno – anche un sacerdote, un’associazione, altre coppie – che possa guidare nel discernimento, anche sulla base delle possibilità economiche, di lavoro, di aiuti in famiglia… Prendendo in considerazione – se non ci sono altre alternative – anche la possibilità dell’adozione, un atto pur sempre straziante, ma non insostenibile e drammatico come l’aborto, che, da confessore, so essere incancellabile dall’animo».
Mariateresa Truncellito
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