La dottoressa, aveva rifiutato di esporsi al vaccino per motivi legati a problemi di salute. Aveva chiesto di essere adibita a mansioni diverse da quelle strettamente sanitarie.
E’ stata sospesa invece dal lavoro senza retribuzione. A quel punto la donna, assistita dalla Funzione Pubblica dagli avvocati Pietro Vizzini e Katia Vella, ha impugnato il provvedimento di sospensione davanti al giudice del lavoro di Termini Imerese, con un ricorso d’urgenza.
Il ricorso è stato accolto. Nella sentenza il giudice ha dichiarato “illegittimo” il provvedimento e ha condannato la fondazione Giglio a riammettere la dipendente in servizio e a corrisponderle le retribuzioni maturate dalla data di sospensione fino alla data della effettiva riammissione, oltre alle spese legali.
“Il giudice – spiegano Giovanni Cammuca, segretario generale Fp Cgil Palermo e Domenico Mirabile, segretario regionale Fp Cgil Medici – ha riconosciuto l’illegittimità del provvedimento di sospensione del medico che, per l’incompatibilità tra il proprio stato di salute e la somministrazione del vaccino anti Covid 19, non aveva potuto assolvere all’obbligo vaccinale. Siamo assolutamente consapevoli dell’importanza della vaccinazione, tanto da essere come sindacato in prima fila tra coloro che invocano l’obbligo vaccinale. Ma le norme oggi in vigore individuano non solo i soggetti nei confronti dei quali si applica l’obbligo vaccinale ma anche le procedure da adottare prima di arrivare alla sospensione”.
“Abbiamo assistito nelle scorse settimane – proseguono Cammuca e Mirabile – a una gara fra alcuni direttori generali di strutture sanitarie che, addirittura, hanno sospeso soggetti nei confronti dei quali non si applicava l’obbligo vaccinale, come esplicitamente previsto dal decreto legge 172/21. Ci riferiamo agli amministrativi dell’Asp Palermo”.
“La sentenza – commentano i due sindacalisti – rappresenta una pietra miliare nella corretta applicazione della norma. Il datore di lavoro, infatti, accertata l’appartenenza a una delle categorie soggette all’obbligo, avrebbe dovuto adibire il lavoratore a mansioni anche inferiori a quelle di appartenenza, che non implichino rischi di diffusione del contagio. E solo nell’impossibilità documentata e certificata di adottare tale misura, provvedere alla sospensione. Cosa che, nel caso specifico non ha fatto la Fondazione Giglio di Cefalù, ma non fanno neanche altre aziende”.
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