Il provvedimento cautelare è stato adottato sulla scorta delle risultanze delle investigazioni condotte dai Finanzieri della Tenenza di Sant’Agata di Militello, unitamente agli specialisti del Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Messina, coordinati dalla Procura della Repubblica di Patti.
Il Gip ha riqualificato il reato, inizialmente ipotizzato come concussione (art. 317 cp), in quello di tentata induzione indebita a dare o promettere utilità (artt. 56, 319 quater cp).
In particolare, secondo le ipotesi dell’accusa, che dovranno trovare conferma nei successivi gradi di giudizio, sono stati accertati alcuni episodi commessi da un ingegnere, con la qualifica di direttore dei lavori il quale, nell’ambito dei “lavori di consolidamento di un costone roccioso – sito a valle di via Cappuccini presso un cantiere del comune di San Marco D’Alunzio – oggetto di precedenti frane”, abusando dei propri poteri (derivanti dal ruolo ricoperto), a più riprese, tentava di convincere un imprenditore (incaricato dell’esecuzione di opere pubbliche destinate alla collettività) a commettere frodi contrattuali nei confronti dell’ente appaltante, pretendendo, dal medesimo imprenditore rilevanti somme di denaro, beni ed altre utilità, per fini strettamente personali (in particolare, la corresponsione di oltre 100.000 euro a titolo di tangente).
I lavori, in particolare, riguardavano la realizzazione di paratie in calcestruzzo, sostenuti con barre d’acciaio infisse nella roccia ed opere connesse (scavi, tubazioni e opere di drenaggi), dirette a consolidare un costone roccioso sito nel comune di San Marco D’Alunzio, già oggetto di precedenti frane.
L’indagine “lampo”, che ha trovato un primo vaglio positivo nel Giudice delle Indagini preliminari del Tribunale di Patti, avviata poco meno di 4 mesi fa, è scaturita dalla denuncia presentata presso la Guardia di Finanza di Sant’Agata di Militello dal medesimo imprenditore, il quale non ha inteso sottostare all’accordo fraudolento proposto dall’odierno indagato ed alla corresponsione della relativa somma nei confronti di quest’ultimo.
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Le investigazioni, sviluppate anche mediante intercettazioni telefoniche, ambientali ed operazioni di video-sorveglianza, che hanno formato oggetto di contestazione provvisoria, hanno fatto emergere la propensione dell’odierno indagato a servirsi della funzione pubblica lui attribuita, per scopi di personale arricchimento.
Costui, sebbene deputato ex lege a controllare la regolare realizzazione di opere destinate a finalità collettive, anche attraverso la rendicontazione e l’asseveramento dei lavori svolti, proponeva all’impresa appaltatrice modifiche nell’esecuzione dei lavori previsti dal capitolato dell’opera pubblica, in modo da lucrare le somme così indebitamente “risparmiate”, per poi dividerle a metà, secondo i suoi intendimenti, con la stessa impresa incaricata di svolgere i lavori.
In particolare, le modifiche “proposte” dall’indagato riguardavano la riduzione della lunghezza di alcuni tiranti in acciaio, che avrebbero consentito di generare delle economie di spesa ammontanti a circa 200.000 euro. Tale “risparmio”, secondo i propositi del direttore dei lavori, anziché essere riutilizzato nell’ambito dell’opera pubblica in corso di realizzazione, si sarebbe dovuto riflettere sul tornaconto personale dell’ingegnere e dell’impresa eventualmente compiacente, la quale, come già detto, non ha inteso partecipare all’accordo fraudolento ed ha invece denunciato i fatti.
Il direttore dei lavori, in definitiva, invece di porre in sicurezza un costone roccioso ad alto rischio idrogeologico, che, nel corso del tempo, è stato soggetto ad una serie di allarmanti movimenti franosi, mettendo a repentaglio l’incolumità pubblica e la stabilità delle infrastrutture (motivo per il quale l’Amministrazione comunale, in varie occasioni, ha dovuto procedere allo sgombero delle abitazioni maggiormente compromesse, con soluzioni tampone), cercava di sfruttare la sua posizione, in modo da trarne un consistente vantaggio personale.
L’esame della copiosa documentazione, acquisita su disposizione della Procura della Repubblica di Patti presso il “Commissario Straordinario per l’emergenza idrogeologica della Regione Siciliana” (stazione appaltante dei lavori avviati presso il comune di San Marco d’Alunzio), corroborato dalle evidenze emerse nel corso delle indagini tecniche e da numerosi servizi di osservazione e pedinamento effettuati dalle Fiamme Gialle, hanno fatto emergere – salvo diverse valutazioni giudiziarie nei successivi gradi di giudizio e fermo restando il generale principio di non colpevolezza sino a sentenza passata in giudicato – la condotta antigiuridica dell’odierno indagato.
L’ operazione conferma l’impegno delle Fiamme Gialle nell’ambito dell’attività a tutela della spesa pubblica anche attraverso il contrasto dei reati contro la Pubblica Amministrazione, in tal modo contribuendo a garantire il regolare svolgimento degli appalti, in un quadro di rigorosa tutela degli interessi della collettività e della sicurezza pubblica.
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