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Ad accenderli erano ogni sera alcuni lampiunara che li caricavano “a tempo”, versando la giusta quantità di liquido sufficiente per farli restare accesi non più di tre o quattro ore; dopodiché era buio fitto fino al mattino. In una apposita delibera della nostra Giunta Comunale che si rivolgeva alla impresa aggiudicataria dell’appalto della pubblica illuminazione, così era scritto: “L’impresa è obbligata di accendere con petrolio fuso americano di ottima qualità….che egli stesso provveda (ad accendere) tutti i fanali per 20 sere in ogni mese”.
Ma perché solo per 20 sere vi chiederete? – Ecco che ne troviamo la curiosa spiegazione in un altro scritto; dove più avanti si specifica che:
“…Non si fa illuminazione nelle altre sere in cui splende la luna”! In pratica il comune, con l’evidente scopo di risparmiare, proibiva che venissero accesi i già pochi lampioni, quando c’era la luna piena; ed ai “poveri” cittadini non restava che adeguarsi. Successivamente fu lo stesso comune ad occuparsi direttamente della pubblica illuminazione attraverso un gruppo di 10 lampiunara assunti per tale scopo.
Tra questi ho trovato i nomi di tali Salvatore Palumbo, Antonino Taormina, Giuseppe Giardina e Gaetano Gugliotta; che ogni sera giravano con scala, bidone e fiammiferi per caricare ed accendere i lampioni. Ovviamente anche in questo caso la carica era limitata a poche ore; e restò invariato pure il divieto di accensione nelle sere di luna piena. In questo caso parliamo di 120 anni fa. Ma chissà cosa succederebbe se i nostri amministratori facessero così anche oggi!
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