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Ma il suo impegno inizia ancor prima dei vent’anni. Come speleologo, ancora giovanissimo, veniva citato dai giornali locali per le sue “ardimentose” esplorazioni di grotte inaccessibili e di profonde cavità.
Sin dal 1947 ha svolto ricerche speleologiche. Ha creato il Catasto delle Grotte della Sicilia. Ha compiuto i rilievi topografici di circa 250 cavità.
Oltre settant’anni di attività sul campo o di studio a partire dal 1946, anno della ricostituzione del Gruppo Speleologico del Club Alpino Italiano e successivamente con il Club Alpino Siciliano e con l’Associazione Speleoarcheologica Siciliana.
Innamoratosi dell’archeologia preistorica, a seguito dell’incontro con il “maestro” della Preistoria siciliana, Luigi Bernabò Brea, inizia le sue ricerche sull’Età della Pietra nell’isola. Come assistente tecnico della Soprintendenza si è occupato a tempo pieno di indagini archeologiche compiendo numerosi scavi in grotte, in centri abitati e in necropoli, sia preistoriche che di età storica, nelle provincie di Palermo e Trapani.
Per queste ricerche gli è utile la pluridecennale esperienza speleologica che lo aveva già portato a molte scoperte d’arte preistorica. E’ il primo che scopre le incisioni lineari. Li rinviene nel Riparo di Contrada Franco e nel Riparo di Borgo Scuro nel territorio di Termini Imerese. Successivamente verranno segnalate in tutta Europa.
Le sue ricerche nell’isola di Ustica, dopo aver bloccato un possibile insediamento turistico, hanno portato alla luce un villaggio fortificato della media Età del Bronzo divenuto il Parco Archeologico dei Faraglioni.
La sua attività è documentata da numerosi articoli, saggi e pubblicazioni. Sono più di duecento.
Il primo è datato 1946 quando Mannino ha appena 17 anni e appare su “Montagne di Sicilia”, la rivista del CAI di Palermo. Per il C.A.S. ha curato l’edizione del volume “Le Grotte di Monte Pellegrino” e per l’Istituto di Geologia di Palermo “Le Grotte del palermitano”. E’ autore, insieme all’ex Soprintendente ai Beni Culturali di Palermo Carmela Angela Di Stefano, della “Carta archeologica della Sicilia (f. 249)”, e, con Francesca Spatafora, ex direttore del Museo Salinas di Palermo, di “Mokarta”. Parte delle sue ricerche nell’isola dei Faraglioni sono illustrate nel volume “Ustica”. Inoltre ha raccontato “Termini Imerese nella preistoria”, ha scritto la “Guida alla preistoria del palermitano”, per l’Istituto Italiano di Studi Politici ed Economici di Palermo e, sempre per lo stesso Istituto, “La Grotta della Molara”.
Per il catalogo della celebre mostra “Prima Sicilia, alle origini della Società siciliana”, ha presentato uno studio sulle necropoli preistoriche della provincia di Palermo, in cui ha esteso notevolmente la conoscenza delle antiche sepolture nel territorio, e all’interno del poderoso volume “Storia di Palermo, dalle origini al periodo punico e romano”, un saggio sulle grotte della città. Infine le recenti monografie “La carta Archeologica di Favignana” (con V. Russo), e “L’arte rupestre preistorica in Sicilia” (a cura di A. Filippi).
Il suo interesse si esprimeva attraverso una costante ricerca, spesso solitaria, nel territorio, fatta di lunghissime camminate nate dall’attento studio delle carte topografiche.
Giovanni aveva una eccezionale conoscenza del territorio siciliano, ma lo abbiamo apprezzato soprattutto perché incarnava uno stile e un metodo a cui noi ci sentiamo particolarmente vicini, fatto di passione per lo studio, di umiltà nella ricerca e di rispetto per il lavoro degli altri, e qualità non disprezzabile, la capacità di comunicare il proprio sapere con disinteresse e semplicità.
Con Giovanni Mannino scompare uno dei grandi protagonisti della ricerca archeologica siciliana. Uno studioso con una grande amore verso questa terra, ma soprattutto verso quel passato lontano e misterioso che è stato per lui una ragione di vita straordinaria e indimenticabile.
Ai familiari le condoglianze di BCsicilia.
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