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Lia Savarino ci parla di: API, GHIANDE, PALMETTE, FIORI DI LOTO E VITICCI .. IL VALORE DELLA NATURA NELL’ ANTICHITA’ … IN SICILIA.
La phiale o patera è un antico vaso rituale, in ceramica o in metallo.
Ha la forma di un recipiente circolare, con bordi bassi, essa era usata per la libagione, cioè lo spargimento di vino, olio, latte o altra sostanza gradita, offerta alla divinità.
La phiale veniva tenuta con una sola mano inserendo il dito medio nella depressione esterna e ponendo il pollice sul bordo.
Vi mostro una phiale o patera ritrovata in Sicilia e che è passata di mano in mano, un tesoro siciliano venduto, acquistato e rivenduto che rappresenta solo una goccia dell’OCEANO di reperti scoperti in Sicilia e spesso mai più ritrovati… la Phiale di Himera, dopo vari viaggi clandestini, si trova all’Antiquarium di Himera.
LA PHIALE D’ORO DI HIMERA è considerata un capolavoro dell’oreficeria antica, pregevole per i motivi decorativi e per la tecnica di lavorazione a sbalzo che utilizza la punzonatura, la cesellatura e l’incisione.
La phiale proviene da scavi clandestini in territorio di Caltavuturo (Palermo).
La parete della phiale è ornata a sbalzo da quattro corone concentriche, la decorazione è costituita da girali, palmette, frutti di faggio, ghiande, api, ognuna composta da 36 elementi, di altezza crescente verso l’esterno:
1) la prima corona è costituita da elementi ovoidali e fra un elemento e l’altro, vi sono delle linee;
2) la seconda corona è costituita da ghiande;
3) la terza corona è costituita da ghiande, simili a quelle della seconda corona. Ai lati sono linee che variano e sono incrociate fra loro;
4) la quarta corona è costituita da ghiande, analoghe a quelle che costituiscono le due corone immediatamente più interne.
Fra queste ghiande ci sono api con il capo volto all’esterno.
Su di esse è un cerchiello, con punto centrale, che regge un bocciolo formato da due ordini di foglie appuntite aperte laterali e tre petali arrotondati all’interno di esse.
Sulla phiale è presente anche un’iscrizione la cui tecnica, a puntini, riconduce secondo gli epigrafisti al periodo tra la fine del IV e l’inizio del III secolo a.C. in ambito sicelioto:
“ΔAMAPXOYAXYPIOΣ XPYΣOI ΠΔΔ”
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