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Se il battesimo dei bimbi lo vogliono i nonni

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«Vogliamo dare a Mattia la possibilità di scegliere quando sarà grande». Ma i nonni non si sono rassegnati alla decisione del figlio Alberto e della sua compagna Marta di non chiedere il battesimo per il nipotino, e ne hanno parlato con il parroco. Scoprendo che loro stessi possono farlo, impegnandosi a trasmettergli i valori cristiani. Circa il 90 per centro dei giovani italiani ha ricevuto il battesimo, ma nell’ultimo decennio il dato è sceso al 70 per cento. Nonostante ciò, succede spesso che anche coppie sposate solo civilmente o conviventi desiderino il sacramento per il loro bambino. «Ed è esperienza comune trovare accoglienza da parte dei parroci», commenta Benedetta Comazzi, psicologa del centro medico specialistico Medicherà di Milano.

«La scelta di non accostarsi ai Sacramenti e di non chiederli per i propri figli può avere varie regioni: la coppia non è credente, oppure lo è ma uno dei due è divorziato o di diversa fede religiosa o, ancora, i genitori non sono interessati alla religiosità né non si sentono di far battezzare il bambino per radunare i parenti o per conformismo». Ciò non esclude però che ci siano genitori comunque favorevoli alla possibilità che i nonni si occupino della formazione religiosa del piccolo. «Sarebbe sbagliato tentare di insegnare qualcosa in cui non si crede. È più saggio delegarla a nonni o zii o a padrino e madrina credenti e praticanti. La decisione dei genitori va rispettata, ma nonni o zii possono offrire una testimonianza cristiana che va oltre le divergenze di pensiero, trasmettendone i valori nella quotidianità: andando insieme al bambino a messa, pregando prima della pappa, facendo il segno della croce davanti a un’edicola della Madonnina e così via».

Il legame nipote-nonno permette lo sviluppo di un grande senso di appartenenza: «Se si condivide il tempo e lo si vive all’insegna della fede, i nipoti inevitabilmente assistono e apprendono. La famiglia ha il dovere di sensibilizzare i bambini da un punto di vista culturale, e il cristianesimo è insito nella nostra cultura: anche con le risposte ai grandi quesiti sull’esistenza che, prima o poi, i ragazzi si pongono». Anche i nonni però, sebbene in genere hanno valori religiosi più strutturati rispetto alle nuove generazioni, devono essere a loro volta aperti: «Non mancano coloro che sono preoccupati più dell’aspetto sociale, di cosa diranno i parenti o della festa. Ecco perché è importante trovare un modo per farli sentire importanti, responsabilizzandoli a una reale educazione alla fede».

Conferma padre Giovanni Calcara, domenicano del Convento di Soriano Calabro, Vibo Valentia: «Dio ci salva innanzitutto attraverso la fede: se i genitori vivono rettamente il rapporto con il bene, il fatto che abbiano generato una vita umana è già un atto di fede e quindi non dobbiamo colpevolizzarli se in quel momento non si sentono di chiedere il battesimo. E l’impegno assunto da nonni o padrini nel battesimo non è vietato dal Codice Canonico. Non possiamo donare agli altri ciò che non possediamo, e vale anche per la fede. Però, se oggi è stata ridotta a valore personale, agli albori del cristianesimo era la comunità che educava alla fede. La Chiesa non è chiamata a battezzare, ma ad annunciare il Vangelo, e lo dice san Paolo: se questo annuncio non diventa esperienza del proprio vissuto, non si può passare all’esperienza dei sacramenti e a quella della Chiesa. Ma l’opera educativa in sé è della comunità: ecco perché la Chiesa ammette che possano essere altri e non i genitori – anche i catechisti, per esempio – ad accompagnare il bambino nel suo cammino di fede. I sacramenti non si negano a nessuno, ma la Chiesa vuole che ci siano dei garanti di una educazione coerente. Al di là dell’esempio della famiglia, la comunità ecclesiale sa essere punto di riferimento nella vita del ragazzo che, per esempio all’oratorio, si apre a valori come amicizia, condivisione, impegno? Certo, il bambino non può chiedere il battesimo, ma non ha nemmeno chiesto di nascere, come non chiede di andare a scuola o dal medico. È vero che nella chiesa primitiva il battesimo – istituito da Gesù  – si riceveva da adulti, ma era il coronamento di una conversione. Il battesimo ci toglie dal peccato originale, ma si viene anche unti, consacrati con il crisma per divenire “re, profeti e sacerdoti” come Gesù del quale diventiamo fratelli, testimoni ed eredi del Regno, a pieno titolo componenti della comunità ecclesiale.».

Cara Suor Paola,

mia figlia, come migliaia di altri ragazzi, in questi giorni è sotto stress perché deve affrontare la maturità e anche io, che quell’esame l’ho fatto ormai vent’anni fa, sono tesissima e questo non è d’aiuto…

Giulia, L’Aquila

Cara Giulia,

quando questa lettera sarà pubblicata tua figlia sarà felicemente diplomata! Ma scelgo di risponderti lo stesso perché la maturità è un lezione di vita. Ansia, paura e tensione ci portano al fatidico giorno in cui ci si siede davanti alla commissione e come d’incanto il tempo vola e ne usciamo vincenti. Alla fine non è così spaventoso come appare, ma hai vissuto ugualmente con ansia l’esame di tua figlia ed è difficile capire quale sia il ruolo più duro, se il suo o il tuo di madre, in questi casi. Certo è che quando un figlio affronta tappe così importanti ogni mamma vorrebbe sostenerlo e confortarlo il più possibile.

La pandemia ha tolto ai ragazzi la presenza che non è solo interrogazioni, compiti in classe o lezioni, ma è anche convivialità, integrazione, confronto con i coetanei. I nostri figli sono avanti, sapranno rimediare e recuperare il tempo perso. Ricorderete questo periodo anche con nostalgia, perché in tutti noi è vivo il ricordo della maturità. Gli esami si affrontano per tutta la vita, nel lavoro o all’università: insegna a tua figlia a credere in se stessa e a essere sempre umile e rispettosa. Insegnale ad amare Dio e a iniziare le giornate con il segno della croce, per imprimere il Signore nel nostro cuore e lui la sosterrà sempre. Non tutti lo fanno, parlale di Gesù che morendo in Croce ha salvato l’umanità dalla morte eterna. Maria è accanto a te, da mamma ti aiuterà e ti darà la forza di essere forte anche quando a volte ti senti fragile, è accanto a tua figlia per aiutarla e accompagnarla nel cammino della crescita che sempre di più la farà diventare grande. Il segno della croce che sta a identificarsi come figli di Dio divulghiamolo e facciamo sì che diventi una sana abitudine per iniziare la giornata imprimendo Dio nel nostro cuore.
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