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I natali del Beato Agostino Novello
Il Beato Agostino Novello nacque da una famiglia nobile e benestante, intorno all’anno 1240 e al fonte battesimale gli venne posto il nome di Matteo. I suoi natali sono ancora oggi incerti, secondo alcune teorie potrebbe esser nato a Tarano in Sabina, mentre secondo altre fonti potrebbe essere nato a Termini Imerese, specificamente da una famiglia nobile, probabilmente Spinelli.
Un documento venuto alla luce recentemente consente di riconsiderare la questione dei suoi natali.
Il primo maggio 1727 il ministro provinciale degli Agostiniani, Fra’ Propezio Scibilia fece trascrivere e consegnare ai giurati di Termini Imerese la copia di un Atto del 1611, a sua volta transunto da un documento del 1306 dove si leggevano testuali parole:
“Il Beato Agostino Novello Siciliano della Città di Termimi dimorando in Siena edificava l’Ospedale grande chiamato di Santa Maria della scala”.
Da Matteo ad Agostino
Durante la battaglia di Benevento, il 26 Febbraio 1266, Matteo cadde gravemente ferito e creduto morto tant’è che fu abbandonato sul campo tra i cadaveri. In quell’occasione Matteo decise di cambiare vita, diventando frate dell’Ordine domenicano.
Scelto l’abito dei frati agostiniani del convento di Sant’Agostino a Palermo (1268), cambiò il proprio nome con quello del fondatore, Agostino d’Ippona.
Dopo alcuni mesi trascorsi a Palermo si recò presso l’eremo di Siena e da qui a Santa Barbara, poco lontano dalla città toscana. Creduto analfabeta, si occupò dei lavori e dei servizi più umili. Dopo qualche tempo, fu trasferito nell’eremo di Rosia, dove tutti apprezzavano e amavano questo umile frate, tutto dedito al lavoro e alla contemplazione.
Nel 1288 il priore generale Cremente da Osimo lo trasferì a Roma, dove fu ordinato prima sacerdote.
Nel 1300 circa si ritirò nell’eremo di San Leonardo al Lago, nei pressi di Lecceto (Siena), dove costruì l’ospedale di Santa Maria della Scala.
Il Beato Agostino Novello e la città di Termini Imerese
La sua morte risale al 19 maggio del 1309, un lunedì di Pentecoste. Il suo corpo fu traslato nella chiesa di Sant’Agostino di Siena, a seguito di numerosi miracoli operati per sua intercessione.
Simone Martini, qualche anno dopo, nel 1328, lo dipinse su una bellissima tavola, circondato da immagini dei suoi miracoli e rappresentato con un angelo “sussurrante” dietro un orecchio, simbolo della divina ispirazione.
Era una calda giornata d’estate del 1620 quando arrivò in città la reliquia del braccio del Beato Agostino Novello, donata dal Gran Duca di Toscana.
La nave che trasportò questa reliquia fu accolta con grande emozione dai Termitani. Solennemente trasportata nella Maggior Chiesa, la reliquia fu custodita in un’urna d’argento e fu posta nella cappella a destra dell’altare, a lui dedicata.
Dal 1977 l’intero corpo del Beato Agostino Novello è esposto alla pubblica venerazione nella cappella a lui dedicata nel duomo di Termini Imerese (chiesa di San Nicola di Bari), dove arde perpetua una lampada ad olio, segno di devozione ed ammirazione.
Ogni anno, nel Duomo viene celebrata la S. Messa e, a seguire, lungo le vie principali della città, si snoda la Processione, cui partecipano le confraternite cittadine, il clero, le comunità parrocchiali e le autorità civili e militari.
Nel 2007 sono stati festeggiati i trent’anni dalla traslazione del corpo del Beato, da Siena a Termini Imerese.
Tra folklore e tradizione “U’ Fistinu”
Ogni anno, nel mese di Agosto, veniva organizzato il così denominato “U’ fistinu”, una festa in onore del Santo patrono della città, che si svolgeva in occasione dell’anniversario dell’arrivo della sua reliquia.
Il Beato Agostino Novello si teneva due giorni a Termini Bassa e due giorni a Termini Alta.
La sera della vigilia, lo scampanio festoso della Parrocchia della Consolazione e una decina di razzi anticipavano la festa in arrivo.
La mattina seguente rimbombavano per le vie di Termini bassa i suoni dei razzi e la musica della banda musicale in giro per la parte bassa della città. Piazza Marina (comunemente chiamata “A’ Marina”) era popolata da venditori ambulanti di torrone, gelato, biscotti, giocatoli, venditori di ‘calia e simenza’ e tanto altro.
Durante le ore pomeridiane il porto si animava di spettatori in trepidante attesa di assistere alla tradizionale corsa di barche, ognuna con quattro rematori.
La sera, passeggio animatissimo alla Marina, dove la banda suonava sino a tardi su un palchetto eretto a ridosso del muraglione della ferrovia, a sinistra di Porta Marina.
Il secondo giorno era all’incirca identico al primo, tutti i cittadini erano vestiti a festa, le botteghe chiuse e l’animazione era più grande, in attesa della mezzanotte, quando sarebbero iniziati i giochi pirotecnici.
A Termini Alta “U’ fistinu” aveva maggiore rilevanza. Non vi erano alberi e marciapiedi nel Piano del Duomo e le “logge”, su due file, si estendevano dai marciapiedi della Società Operaia Paolo Balsamo sino alla via Castello, al Belvedere.
La mattina, come tradizione, non mancavano i razzi e più tardi anche il giro della banda per le vie della parte alta della città. Verso le dieci del mattino seguiva una funzione religiose nella Chiesa Madre, con scampanio prolungato delle campane per avvisare il popolo.
La sera, nella stessa chiesa, si tenevano i Vespri solenni. La banda suonava sopra un palchetto eretto tra il municipio e la Chiesa di San Francesco e sul tratto che da Via Castello porta a Porta di Caccamo si snodava un formicolio di popolo che lentamente passeggiava.
L’ultimo giorno era il clou del festino, che cominciava con i soliti razzi e la solita banda in giro per la città, seguita da una lunga cerimonia religiosa in chiesa e successivamente si usciva portando in processione il braccio del Beato Agostino Novello.
L’affluenza dei Termitani era considerevole, tutta Termini era presente, dai cittadini più giovani, ai cittadini più anziani.
Alla fine di tale spettacolo, tutti si riversavano di nuovo in Piazza Duomo, dove verso le ventuno ciminciava il servizio musicale della banda sino alle ore ventitrè e trenta, quando un razzo avvertiva che da lì a poco sarebbero cominciati i fuochi artificiali nel Piano del Belvedere.
Al termine dei giochi pirotecnici seguiva un altro razzo per annunziare che tutto era terminato, allora la banda musicale attaccava la consueta arietta che la gente canticchiava.
Il testo canticchiato dalla gente
“Vulemu i picciuli,
vulemu i picciuli,
vulemu i picciuli,
Tirà llà llà.”
Il cibo e i giochi in quei giorni di festa
Il cibo è sempre stato una parte importante del folklore Siciliano. Nei giorni di festa dedicati al Beato Agostino Novello c’erano molti cibi che erano diventati parte della festa stessa. Un classico gelato, oppure “i vasteddi càvuri” (pagnotte calde) o “ì muffuletta” (Pane spaccato a metà con inserita della ricotta), “Schetta Vastedda” (caciocavallo tagliato a fili e sughetto) o, con un ripieno di “meusa” (milza)…
Uno degli eventi più attesi erano i “Cussi ì ggiannetti”, le corse con i cavalli, alle quali presenziavano anche molti anziani pescatori che salivano nella parte alta della città solo in tale occasione.
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