Si chiude davvero una pagina di storia. La notizia della dipartita di Don Calogero La Placa, avvolge tante generazioni nei ricordi più intimi e lontani della memoria, ognuno con una sfumatura diversa. Nacque il 18 giugno 1924 a Petralia Soprana e fu primogenito di quattro figli, tutte femmine, solo lui il maschio.
A dodici anni sente la vocazione di farsi prete che viene vista dalla famiglia, molto religiosa, una testimonianza di fede.
Conosce il Fascismo e la seconda guerra mondiale con il racconto degli adulti pregando assieme ai precettori. È esonerato dal servizio militare per il fatto di essere studente ma vive comunque la tragedia del tempo.
La sua formazione religiosa accostata ad un animo sensibile, perspicace e sensibile, riuscirono ad accrescere la sua personalità ed arricchirla di cultura.
Ebbe un rapporto privilegiato con con l’interiorità e l’introspezione, con lo sviluppo dell’intelligenza.
Fu il suo chiodo fisso, l’intelletto umano: la base per migliorare l’umanità, per accrescere in qualità, per poter anche aiutare gli altri mediante le capacità. Fu da sempre una persona dalle doti uniche, non indifferenti che lo differenziarono e quando gli fu assegnato dalla Curia il suo paese d’origine ne fu felice poiché poté dedicare davvero tutta la sua vita al luogo che amava.
Il periodo post bellico fu molto penoso: a Petralia mancavano i viveri necessari e Don Calogero ricordava la povertà di tutti vissuta, gli stenti.
Fu lì che alimentò la sua idea, il suo progetto. A venticinque anni, a Cerasella, creò la scuola dei geni che forgiava le intelligenze. Era già docente di religione alle scuole medie del luogo e questa esperienza fu importante per lui, per ideare questo sogno.
Lo stare a contatto con ragazzi bisognosi di apprendere, fu uno stimolo fondamentale. Lui ascoltava attentamente le loro risposte dopo aver fatto domande particolari e cercava in ogni soggetto, attraverso le espressioni e la vivacità, di rintracciare un certo Q.I.
Costruì quindi Cerasella, in un piccolo appezzamento di terreno e vi fece una casa che ospitava ragazzini superdotati , li faceva studiare, consumare dei pasti. La forte fede e l’ottimismo gli davano carica. Anche le sorelle lo aiutavano finanziariamente. Le spese da affrontare erano numerose e si rivelarono forti ed onerose per il suo villaggio. Tutto si svolgeva con sacrifici enormi.
Così tra le cime delle Madonie, alcuni adolescenti “speciali” crescevano in fretta, apprendendo velocemente. I piccoli “geni” studiavano inglese e francese con insegnanti madrelingua, c’era un laboratorio di chimica ed un altro musicale: fu creata anche una piccola orchestrina che suonava durante i matrimoni celebrati nel villaggio.
Purtroppo poi il progetto di perse, non fu possibile mantenere quelle spese a lungo ma gli studenti divennero grandi personalità nella società acquisendo titoli, lauree e posizioni lavorative di spicco che diedero lustro al sacerdote e riconoscenza per aver creduto in loro.
Già da un paio di anni Don Calogero aveva lasciato Petralia e abitava a Palermo con i nipoti e le sorelle. Purtroppo questa mattina, all’età di 96 anni lascia per sempre i suoi concittadini e tutti coloro che lo hanno amato, stimato e ricordato in questi anni come sacerdote petralese, un’istituzione.
Una personalità profonda e sensibile la sua, era anche poeta meditativo ed introspettivo. Nelle sue metafore, spiccava l’anima buona e devota a Dio, grata alla bellezza della vita.
Lo si ricorda negli ultimi tempi camminare con un bastone che gli fu portato dall’ Egitto che evocava Mosè. In lui sempre quel sorriso sereno, gentile, una mente lucida e fresca che non gli faceva trasparire l’età.
Amava le feste patronali, l’allestimento del Sepolcro del giovedì Santo; quando gli impegni parrocchiali glielo consentivano, curava lui stesso le preparazioni alla Cresima dando i suoi messaggi di fede, si prodigava in
tutto ciò che ha identificato Soprana, a cui era sempre legatissimo e faceva ritorno quando gli era possibile. Ricordava ricordava e aveva presenti tutti i petralesi a cui mandava i saluti alla e alla comunità. I suoi auguri nelle feste solenni e festività non sono mai mancati. Il suo pensiero è stato sempre vicino in varie occasioni ed eventi particolari fino all’ultimo.
Certamente una grande perdita , ma il suo ricordo sarà eterno e perpetuato a quelle nuove generazioni che non lo conosceranno, ma che lo ritrarranno come quel bravo sacerdote che aveva tanti sogni e credeva in Petralia, in questo suo caro paese, nel suo sviluppo e nella sua rinascita.
Ci lascia la sua piccola eredità racchiusa in questa frase: “Non è difficile indicare a se stessi un percorso nuovo senza correre il rischio di sbagliare”.
Foto Giuseppe Federico
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