Dottoressa, come vede la situazione attuale a livello locale e regionale?
«La situazione locale, purtroppo, non è delle migliori: fino all’altra sera, avevamo 83 casi. Tutto ciò è dovuto a causa del fatto che, per tutto il periodo estivo, abbiamo vissuto in totale anarchia e libertà. A livello regionale è ancora più grave e ritengo che prendendo le giuste precauzioni igienico-sanitarie, cioè indossare le mascherine, lavare e disinfettare le mani e tenere, soprattutto, un distanziamento sociale, si potrà contenere il contagio. Alle persone anziane, inoltre, consiglio di rimanere in casa o comunque uscire solo in casi di necessità, principalmente per una loro tutela».
A proposito delle mascherine: nell’ultimo mese quante ne avete vendute?
«In due settimane, abbiamo venduto 5000 mascherine chirurgiche; mentre le FFP2 sono state circa 1000 in dieci giorni».
Che impatto ha avuto il coronavirus sullo svolgimento della sua professione?
«Inizialmente, nel mese di marzo, è stato terribile perché non eravamo pronti ad affrontare questa situazione e ci siamo ritrovati nel caos totale: il telefono squillava continuamente dovuto anche al fatto che effettuavamo il servizio a domicilio per garantire i farmaci a tutti, specialmente agli anziani. Lavorare, a volte, risultava davvero estenuante perché c’era chi comprendeva la gravità della situazione e chi, invece, un po’ per paura ed un po’ per altri motivi, aveva delle reazioni esagerate».
Ritornando mentalmente al mese di marzo, ritiene che la sua professione sia stata tutelata adeguatamente o sia stata abbandonata a se stessa?
«Mi fai una domanda particolare: purtroppo la categoria dei farmacisti non è stata tutelata abbastanza. Ci siamo dovuti tutelare da soli, prendendo le giuste precauzioni come, ad esempio, mettere il plexiglass nei banconi. Abbiamo fatto tutto da noi».
Dal punto di vista psicologico, come si sente a dover affrontare nuovamente in prima linea questa emergenza?
«Ora siamo molto più sereni perché sappiamo come muoverci: non ti nascondo che, durante il primo lockdown, abbiamo avuto un crollo emotivo dovuto all’ansia, alla preoccupazione perché non avevo paura solo per me stessa ma anche e soprattutto per i miei familiari ed i miei dipendenti. Oggi, ripeto, lo affrontiamo con un po’ più di “serenità” ma sempre con paura, angoscia dovute dal fatto che, essendo in prima linea, corriamo un grosso rischio».
La dottoressa Panzeca conclude raccomandando di attuare tutte le precauzioni igienico-sanitarie e che solo stando attenti potremo contenere i contagi: «Siamo tutte delle mine vaganti, nessuno di noi è immune».
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