Nacque a Palermo sotto il nome di Giovanni Salvatore Augusto Falcone, il 18 maggio del 1939, nel quartiere della Kalsa, lo stesso dove nacque anche Paolo Borsellino, suo grande amico e il mafioso Tommaso Buscetta.
Quando nacque Falcone, accadde una cosa inaspettata, egli infatti apparve con i pugni chiusi e senza urlare. Inoltre, nel momento in cui nacque, come raccontarono i parenti presenti, dalla finestra aperta entrò una colomba, simbolo di pace.
Nel 1940 i Falcone dovettero abbandonare la Kalsa, a causa dei bombardamenti della seconda guerra mondiale e sfollarono a Sferracavallo. Dopo il 9 maggio 1943 (bombardamento della passeggiata e dei palazzi del porto) si trasferirono dai parenti della madre a Corleone.
All’età di tredici Giovanni anni cominciò a giocare a calcio all’Oratorio dove, durante una delle tante partite, conobbe Paolo Borsellino, con cui si sarebbe ritrovato prima sui banchi dell’università e poi nella magistratura.
Era gennaio del 1958, quando abbandonò l’Accademia navale e tornò nella città natia. Arrivato a Palermo decise di iscriversi alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Palermo, già frequentata dalla sorella Maria.
Si laureò poi con 110 e lode nel 1961, con una tesi sull’istruzione probatoria in diritto amministrativo
Nel 1965, a soli 26 anni, divenne pretore a Lentini.
A partire dal 1966 fu poi, per dodici anni al tribunale di Trapani, nei primi anni come sostituto procuratore e giudice istruttore. A poco a poco, nacque in lui la passione per il diritto penale. Nell’aprile del 1969 la malattia del padre – un tumore all’intestino che lo avrebbe poi portato alla morte nel 1976 – lo toccò profondamente. In quegli anni Giovanni Falcone stava mutando profondamente, a cambiarlo non fu solo la mancanza del riferimento paterno ma intervennero anche fattori esterni.
Nel 1973 si trasferì alla sezione civile del Tribunale di Trapani. Nel luglio 1978 però ritornò a Palermo. In quell’anno la Bonnici lasciò Falcone per restare a Trapani.
Nel tribunale palermitano cominciò a lavorare nella sezione fallimentare, occupandosi di diritto civile ed emettendo alcune sentenze di grande importanza.
Il 23 maggio 1992 cosa nostra fece saltare in aria il magistrato mentre si trovava in auto con la moglie, Francesca Morvillo. La coppia stava tornado da un viaggio a Roma, quando alle 17:58, 1000kg di tritolo furono fatti esplodere uccidendo così sul colpo tre degli uomini della scorta del magistrato. Si trattava di Antonio Montinaro , Rocco Dicillo e Vito Schifani.
Circa venti minuti dopo, Giovanni Falcone venne trasportato sotto stretta scorta di un corteo di vetture e di un elicottero dell’Arma dei Carabinieri presso l’ospedale civico di Palermo.
Gli altri agenti e i civili coinvolti vennero anch’essi trasportati in ospedale, mentre la polizia scientifica eseguì i primi rilievi. Il corpo nazionale dei Vigili del Fuoco provvide all’estrazione dalle lamiere dei cadaveri degli agenti della Polizia di Stato di Schifani, Montinaro e Dicillo, resi irriconoscibili dall’esplosione.
Intanto la stampa e la televisione iniziarono a diffondere la notizia di un attentato a Palermo e il nome del giudice Falcone trova via via conferma.
L’Italia intera sgomenta, tratteva il fiato per la sorte delle vittime con tensione sempre più viva e contrastante.
Erano le 19:05, a un’ora e sette minuti dall’attentato, quando Giovanni Falcone morì a causa della gravità del trauma cranico e delle lesioni interne, dopo alcuni disperati tentativi di rianimazione.
Sua moglie, Francesca Morvillo, morì anch’ella, intorno alle 22:00.
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