«Sono molto preoccupato – ha affermato il governatore – per l’atteggiamento di relax che ha assunto la popolazione del Sud, e in particolare quella della Sicilia, negli ultimi giorni. Finora abbiamo osservato rigorosamente le norme, secondo cui bisogna restare a casa. Ma ora c’è una sorta di ‘liberi tutti’, con l’errata consapevolezza che il peggio sia passato e con il fatalismo tipico e l’aria scanzonata di noi meridionali che ci possiamo concedere anche il lusso di un passeggiata di un’ora. Chi fa questo è un irresponsabile che mette a rischio la propria vita e quella degli altri».
E ancora: «Dobbiamo fare ancora qualche settimana di sacrificio se il picco deve arrivare dobbiamo evitarlo, altrimenti vanifichiamo gli sforzi incredibili di tantissime famiglie che non possono più fare la spesa e che hanno spento persino il frigo perché non hanno più nulla da conservare».
Musumeci ha ricordato le misure fin qui disposte e comunicato gli ultimi dati sulla diffusione della pandemia in Sicilia. «Abbiamo adottato, fin dall’inizio – ha puntualizzato – una linea di rigore che finora ha pagato, ma sappiamo benissimo che il picco deve arrivare e lo aspettiamo per la metà di aprile. Abbiamo finora 1.718 positivi, 72 pazienti in terapia intensiva e 86 guariti e abbiamo registrati 88 perdite con quattro zone rosse».
Tra i provvedimenti, la limitazione degli ingressi dallo Stretto di Messina: «Da diverso tempo – ha ricordato il governatore – abbiamo limitato gli accessi nell’Isola anche con i traghetti che da 24 sono passati a 4 corse giornaliere. Siamo fermamente convinti che le due settimane che arriveranno saranno quelle determinanti ed è in questo momento che bisogna tenere alta la guardia. Abbiamo anche limitato – ha spiegato Musumeci – le corse dei treni e gli aerei arrivano soltanto da Roma Fiumicino. Dobbiamo convincerci che, in questo momento, ogni siciliano deve rimanere dove si trova».
Infine, il tema dei dispositivi individuali di protezione, che sono insufficienti per le esigenze degli operatori sanitari duramente impegnati per contenere la diffusione del contagio e assistere i pazienti ricoverati negli ospedali siciliani. «L’unità di crisi nazionale – ha concluso – si era presa l’incarico di distribuire alle periferie il materiale di protezione, ma anche i ventilatori, necessari per realizzare i posti di terapia intensiva. Sono arrivati in maniera insufficiente e inadeguata. Ci sono stati degli errori iniziali, che hanno creato un diffuso malessere soprattutto tra gli operatori sanitari e di cui adesso è bene non si parli, perché in tempo di guerra non si fanno processi».
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