In una stupenda Cefalù, dall’incantevole e calda atmosfera natalizia, pervasa da luci e musiche tradizionali, è stata allestita, all’Ottagono Santa Caterina, una mostra d’arte presepialedell’artista Giuseppe Volpe. La mostra, organizzata dal Comune di Cefalù, è inserita nell’evento La via dei presepi 2019 “Come i Magi seguiamo la Stella”.
La mostra è stata inaugurata domenica 8 dicembre, alla presenza di S.E. il Vescovo della Diocesi di Cefalù, Giuseppe Marciante e del Sindaco della Città di Cefalù, dr. Rosario Lapunzina.
All’allestimento della mostra espositiva, rilevante il tocco dell’artista cefaludese Rosalia Liberto. I versi della dolcissima e melodiosa “Ninnaredda” cefaludese, riportati dalla Liberto sulle pareti dell’Ottagono, accompagnano il percorso dei presepi.
L’artista ha rappresentato l’evento sacro, collocandolo in diverse ambientazioni, dove, i contenuti religiosi e le tradizioni, entrano con forza e vengono percepiti con profonda emozione. Ponendo l’accento sul significato cristiano del presepe, spiega l’artista, “… ho cercato, in ogni opera, di rappresentare l’intensità dell’atmosfera venutasi a determinare a Betlemme in quella Notte Santa, davanti ad un esserino venuto al mondo, coperto solamente da un batuffolo d’amore. E, forse, è per immaginare quella meravigliosa Notte Santa, così intrisa di sentimenti, che ogni artista cristiano, continua Giuseppe Volpe, sente il desiderio di rievocare, attraverso la costruzione di un presepe, realizzato in un modo proprio e, del tutto personale, quell’evento significativo e decisivo per l’intera umanità. Forse , per ogni autore, il presepe rappresenta un bisogno di rinnovamento interiore, un bisogno catartico che faccia realizzare un mondo di serenità e di fratellanza universale, privo di ogni forma di odio e di prevaricazione, che ci faccia, insomma, diventare migliori”.
Nei presepi di Giuseppe Volpe, la famiglia di Nazareth diventa un modo per riflettere e soffermarsi sui valori fondanti dell’uomo. Così il piccolo Gesù nasce sulla prua di un “peschereccio” dove, sullo scafo, spicca, scritto in arabo, il nome “Speranza” e, idealmente, con rotta verso Lampedusa, per promuovere, nel rispetto dell’alterità, la cultura dell’accoglienza e della inclusione sociale.
Sul proscenio di un “teatro” troviamo Gesù appena nato, a simboleggiare che la sua presenza è di scena nel teatro della nostra vita.
Troviamo ancora Gesù Bambino nella stalla di un “borgo”,con le vie fasciate da una magica e ammaliante atmosfera della Notte Santa che arriva.
Ecco la Natività in un “deserto”, a significare che Gesù Bambino va accolto in un cuore che non sia un deserto arido, dove il silenzio, l’indifferenza e l’odio, umiliano la dignità della persona umana.
Osserviamo la Sacra Famiglia tra i ruderi di un “tempio” del passato, per una fiduciosa e migliore ricostruzione del tempio del futuro.
Il Re della Storia nasce, infine, in una ambientazione araba,ma, ovunque, ad unire il mondo “vicino” e “lontano”.
Troviamo la Natività tra le macerie di Amatrice in linea con il principio di solidarietà verso chi è in ginocchio e ha bisogno di una mano per rialzarsi.
Ritroviamo la Sacra Famiglia anche tra gli orrori di Auschwitz. Un presepe di grande portata simbolica, che vuole ricordare la shoah e le leggi raziali; un momento di riflessione collettiva, messaggio di dialogo tra religioni e popoli, di integrazione, di pace e di speranza, monito all’umanità tutta perché lo sterminio di un popolo non si ripeta mai più. L’autore ha pensato di apporre sull’opera le parole di un’anonima scritta, rinvenuta sul muro di una cantina di Colonia, dove alcuni ebrei si sono nascosti per tutta la durata della guerra, un modo per rendere omaggio alla forza d’animo e al coraggio di chi, anche in situazioni terrificanti, riuscì a mantenere intatti la dignità e la fede. “Credo nel sole, anche quando non splende; credo nell’amore, anche quando non lo sento; credo in Dio, anche quando tace ”.
La mostra sarà visitabile fino al prossimo 6 gennaio, dalle ore 17,00 alle ore 20,00.
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