Nel caso degli uomini vi è una notevole differenza: fra gli italiani la modalità principale è quella legata ai rapporti omosessuali (68%) ed i rapporti eterosessuali sono responsabili del 27% dei casi, mentre fra gli stranieri i rapporti eterosessuali costituiscono il 68% dei casi e il 19% delle trasmissioni è legato ai rapporti omosessuali.
Il 67,5% di tutti i casi siciliani relativi al periodo 2009-2017 sono stati diagnosticati negli ospedali delle province di Palermo e Catania, seguiti da Siracusa, Messina, Trapani, Ragusa e Caltanissetta.
«La patologia correlata all’infezione da HIV – spiega il professore Antonio Cascio, direttore dell’unità operativa di malattie Infettive e del Centro Regionale di Riferimento Aids del Policlinico “Paolo Giaccone” di Palermo – costituisce un’importante causa di ricovero ospedaliero: dal 2013 al luglio 2018 si sono avuti in Sicilia 2445 ricoveri. Il rapporto fra non italiani e italiani si è mantenuto negli anni intorno al 15%. Fra i non italiani gli africani rappresentano l’81%, gli europei il 11,6%, gli asiatici l’1,3%. La maggior parte degli africani provenivano dal Ghana (26%) e dalla Nigeria (24%). Fra gli italiani il sesso maschile rappresentava il 75% delle osservazioni, nei non italiani il 48%. L’età media degli Italiani era di 48 anni, quella dei non italiani di Italiani di 36,2. Il maggior numero di ricoveri si è avuto presso il Centro di Riferimento Regionale Aids con sede al Policlinico di Palermo».
Questi dati sono stati analizzati ieri nel corso del Congresso nazionale della Società italiana di malattie infettive e tropicali che si tiene a Palermo fino a domani alla presenza di numerosi esperti del settore con l’obiettivo di azzerare i nuovi casi di infezione da Hiv entro il 2030 e ridurre del 90-95% le nuove infezioni sino al 2022.
E’ stato fatto anche un appello rivolto ai medici di medicina generale.
«Sarebbe necessario e urgente una maggiore collaborazione tra noi specialisti con i medici di medicina generale – ha sottolineato Marcello Tavio nuovo presidente della Società italiana di malattie infettive e tropicali – poiché i medici di base potrebbero con poche domande mirate sul comportamento sessuale del singolo, dinanzi a evidenze sullo stato di salute di quest’ultimo, favorire delle diagnosi precoci e individuare il virus con un semplice test».
Altro osservato speciale è la tubercolosi. La malattia, è stato sottolineato dagli specialisti, in Sicilia continua ad essere un’importante causa di ricovero ospedaliero: dal 2013 al luglio 2018 si sono avuti 2855 ricoveri.
Il rapporto fra italiani e non italiani è sceso nel corso degli anni dal 63% al 52%. Complessivamente i non italiani sono 1277, fra loro gli africani rappresentano l’81%, gli europei il 21,6%, gli asiatici l’10,2%, i sud americani lo 0,4%.
La maggior parte degli africani provenivano dalla Somalia (22%), dal Gambia (16%) e dall’Eritrea (12%); il 93% degli europei proveniva dalla Romania; la maggior parte degli asiatici provenivano dallo Sri Lanka (30%) e dalle filippine (9%).
Fra gli italiani il sesso maschile rappresentava il 75% delle osservazioni, nei non italiani il 48%. L’età media degli italiani era di 48 anni, quella dei non italiani di 28,9. Circa tre quarti dei ricoveri è avvenuto nei reparti di Malattie Infettive con una degenza media di 28 giorni. Nel 72% si trattava di tubercolosi polmonare, nel 28% di tubercolosi extrapolmonare.
Nell’Isola però sono stati fatti passi avanti sostanziali. La Sicilia, grazie alla sua rete infettivologica, infatti, in questi ultimi anni è riuscita con successo a far fronte all’arrivo di migliaia di migranti in gran parte provenienti da paesi dall’Africa Sub-Sahariana, paesi ad alta endemia di infezione tubercolare e da Hiv. Migranti talvolta affetti da patologie tropicali che hanno trovato assistenza, competenza e cure appropriate nelle unità operative di infettivologia siciliane.
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