Sono altresì in corso decine di perquisizioni su tutto il territorio di Sciacca, che vedono impiegati oltre 100 finanzieri e Carabinieri, supportati da mezzi aerei e unità cinofile, che riguardano abitazioni, uffici, aziende e negozi nella disponibilità degli indagati.
Le complesse indagini hanno evidenziato come i cinque fermati, seppur in un momento di assoluta difficoltà della cosca saccense, abbiano continuato a reiterare le forme sistematiche di controllo del territorio tipiche del fenomeno mafioso.
In particolare è emersa la figura carismatica di Accursio DIMINO, detto “Matiseddu“, già condannato per associazione mafiosa – da ultimo nel 2010 – per il suo ruolo espresso in Cosa Nostra, per la quale, nel tempo, è stato “reclutatore di nuovi adepti”, assoluto interprete nell’acquisizione di attività economiche ed appalti di opere pubbliche nel settore edile e turistico-alberghiero, per assumere, nel primo decennio degli anni 2000, il ruolo di capo della famiglia mafiosa di Sciacca.
DIMINO, negli anni ’90, per conto della famiglia di Sciacca ha avuto un ruolo centrale nello sviluppo di dinamiche associative ultra-provinciali, mantenendo contatti e veicolando “pizzini” con i corleonesi, in particolare con Riina Salvatore e Brusca Giovanni.
In quegli anni, le attività investigative avevano, inoltre, accertato i contatti con il latitante mafioso Matteo MESSINA DENARO.
A partire dalla sua scarcerazione, sono stati documentati i rapporti intrattenuti da DIMINO con soggetti mafiosi operanti nel territorio di Sciacca, di Castellammare del Golfo (TP) e con taluni personaggi ritenuti contigui alla famiglia mafiosa Gambino di New York.
Con riferimento a quest’ultima articolazione di Cosa Nostra, DIMINO si è in particolare relazionato con un soggetto con cui aveva pianificato un’attività criminale che successivamente non è stata portata a compimento a causa dell’improvviso omicidio – avvenuto a New York lo scorso 13 marzo – di Frank Calì (alias FrankieBoy), esponente di spicco della citata famiglia mafiosa italo-americana, evento questo immediatamente comunicato in Sicilia dagli Stati Uniti.
Fra i fatti contestati a DIMINO nel provvedimento emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Palermo vi sono le pressioni su imprenditori locali per consentire a imprese riconducibili a propri sodali di ottenere appalti, l’attività di recupero crediti a beneficio di soggetti legati a uomini d’onore, propositi di danneggiamenti e altre attività criminali nei confronti di diversi soggetti per finalità estorsive.
Alcuni colloqui captati nel corso delle indagini svelerebbero inoltre come il DIMINO abbia rappresentato, in passato, l’ala più dura della famiglia di appartenenza, facendo parte del c.d. “triumvirato”, lo storico gruppo di fuoco operante negli anni ‘90 Sciacca.
Nell’ambito delle investigazioni è emersa la figura di NICOSIA Antonino inteso Antonello, esponente di rilievo dei Radicali Italiani, pure lui destinatario del provvedimento di fermo in quanto ritenuto organico alla famiglia mafiosa saccense, già noto in quanto, tra le altre cose, condannato in via definitiva alla pena di anni 10 e mesi 6 di reclusione per partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, scarcerato da ormai oltre 10 anni.
Gli approfondimenti investigativi effettuati nei confronti di NICOSIA hanno consentito di documentare:
Le attività d’indagine svolte nei confronti di NICOSIA hanno quindi permesso di acquisire elementi in merito alla sostanziale affiliazione di quest’ultimo all’organizzazione mafiosa saccense e alla sua contiguità all’omologa realtà castelvetranese, sodalizi questi in favore dei quali NICOSIA ha fornito un contributo rilevante anche sfruttando la propria posizione pseudo-istituzionale e il connesso qualificato circuito relazionale.
NICOSIA, spendendo titoli docenza anche internazionali, nonché quale appartenente al Comitato Nazionale dei Radicali Italiani e direttore della Onlus Osservatorio Internazionale dei Diritti dell’Uomo (O.I.D.U.), ha operato nell’ambito assistenziale del settore carcerario, accedendo all’interno di alcuni istituti di detenzione e intrattenendo rapporti con operatori penitenziari.
In tale contesto NICOSIA:
Come detto sopra, le attività svolte dall’indagato che riguardavano il settore carcerario erano rese possibili, tra l’altro, dal fraudolento utilizzo da parte di NICOSIA del rapporto di collaborazione che aveva instaurato con una Parlamentare della Repubblica Italiana.
In virtù di tale rapporto, infatti, NICOSIA ha partecipato ad alcune ispezioni carcerarie parlamentari e ha sicuramente fatto accesso all’interno delle carceri di Sciacca (AG), Agrigento, Trapani e Tolmezzo (UD) senza la preventiva autorizzazione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e ciò sfruttando le prerogative riconosciute dalle norme sull’ordinamento carcerario ai membri del Parlamento e a coloro che li accompagnano.
I cinque destinatari del fermo sono:
Parallelamente all’esecuzione dei fermi, su disposizione dell’Autorità Giudiziaria, i militari operanti stanno procedendo a sequestrare agli indagati disponibilità finanziarie – tra le quali una carta di credito collegata a conti esteri – e patrimoniali, tra cui un’imbarcazione, ai sensi dell’art. 240 bis c.p., tenuto conto che gli stessi risultano disporre, anche per interposta persona, di beni e altre utilità in valore sproporzionato al reddito da loro dichiarato.
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