Così, il Tribunale Amministrativo del Lazio ha annullato il provvedimento restituendo definitivamente la misura di protezione illegittimamente revocata allo chef Natale Giunta.
Il Presidente del Tar ha pronunciato con decreto immediato il ripristino della scorta di quarto livello confermando così, il rischio di grave pericolo nei confronti dello chef Natale Giunta.
A maggio del 2018 la Prefettura di Palermo ha comunicato allo Chef la revoca della misura di protezione della tutela con due uomini, su autovettura non protetta. Lo stesso ne beneficiava dal gennaio 2012, da quando denunciò e fece arrestare chi gli chiedeva il pizzo. Da allora, però, le minacce e le intimidazioni non sono mai finite. Pochi mesi prima infatti, gli è stata recapitata una busta con un proiettile ed una lettera contenente delle minacce di morte.
“Abbiamo deciso di fare subito ricorso -ha dichiarato l’avvocato
Maria Geraci- contro il provvedimento di revoca della misura di protezione assunto dall’UCIS a fine maggio perché illegittimo ed ingiustificato in considerazione del fatto che ad oggi permane una situazione di grave
pericolo in danno del Signor Giunta, la cui unica colpa è forse quella di essersi messo in prima linea nella battaglia contro la criminalità mafiosa.
Da subito nonostante sia stata fatta istanza di accesso, l’amministrazione ci ha impedito, con il suo diniego, la possibilità di conoscere le ragioni giuridiche che hanno portato a tale determinazione.
Oggi siamo riusciti ad ottenere un importante successo con la sentenza del Tar che ha annullato il provvedimento di revoca della scorta.
Oggi finalmente abbiamo potuto tirare un sospiro di sollievo. Il Tribunale Amministrativo di Roma ha ritenuto che le Autorità competenti non hanno operato adeguatamente in merito alla situazione di pericolo ed ha annullato il provvedimento impugnato, restituendo la misura di protezione illegittimamente revocata allo chef Giunta, il quale potrà adesso tornare al proprio lavoro con la sicurezza e la serenità di avere accanto chi lo protegge. Questa sentenza, che certamente costituisce un forte segnale per tutti coloro che come Natale Giunta hanno scelto con coraggio di non cedere alla “tentazione” di pagare il pizzo, ha il grande merito di aver ristabilito il fondamentale diritto del cittadino ad essere protetto dallo Stato”.
“Questa sentenza -ha detto lo chef Natale Giunta- mi fa stare un po’ più sereno perché accanto a me adesso ci sono due uomini che mi guardano le spalle e che rischiano ogni giorno, per fare il loro lavoro, la propria vita. A loro va un grazie. Il mio grazie però, lo dico soprattutto a quei giudici che hanno capito la mia situazione. Io credo alla magistratura e alla forze
dell’ordine e mi batterò sempre per la mia terra, la Sicilia. Negli ultimi anni -continua lo chef Natale Giunta- la mia vita personale e professionale è stata stravolta da continui eventi e minacce che mi hanno lasciato profonde ferite e costato paure, sacrifici e denaro a causa della mia volontà di denunciare la criminalità mafiosa palermitana mandando alle sbarre gente che senza scrupoli vuole “farmi fuori” solo perché sono un cittadino onesto e non omertoso che non si piega alla mafia ma, denuncia. Mi ritengo un uomo onesto che lavora facendo sacrifici e creando occupazione in un paese che di occupazione non ne ha. Dovevo chiudere i battenti come hanno fatto tante altre vittime della mafia e fuggire da questa Sicilia “dannata ed assetata di violenza”. Non l’ho fatto e mai lo farò continuerò per la mia strada pur consapevole delle tante avversità che ogni giorno affronto. Io non abbandono la mia famiglia, i miei operai, non abbandono quella parte di Sicilia onesta che vive in questa terra con la speranza che un giorno cambierà. É triste pensare che qualcuno vuole farti fuori e continua senza mai avere smesso a minacciarti di morte perché ho fatto solo il mio dovere da cittadino onesto facendo arrestare esponenti di spicco dell’attività mafiosa palermitana”.
Ad avere fatto revocare la misura di prevenzione sono stati: la Prefettura di Palermo e
l’Ufficio Centrale Interforze per la Sicurezza Personale (UCIS).
LA SENTENZA DEL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONE LAZIO.
Il ricorrente è un giovane imprenditore siciliano, chef di fama mondiale, vittima di richieste estorsive quando, nel 2012, decise di avviare un’azienda fornitrice di servizi di catering e banqueting.
Determinato a non cedere alle minacce ricevute, ha denunciato le estorsioni subite e ha collaborato attivamente con le autorità inquirenti nell’istruzione del processo che ha portato alla condanna definitiva di cinque imputati.
In conseguenza ai numerosi gravi episodi intimidatori di cui lo stesso è stata vittima nel 2012 e nei primi mesi del 2013, il Ministero dell’Interno ha disposto, nei suoi confronti, la misura della “tutela su autovettura non protetta”, corrispondente al 4° livello di rischio di cui al d.m. 28 maggio 2003. Nonostante la conclusione dei processi e la reclusione dei responsabili delle estorsioni, il ricorrente ha continuato ad essere esposto ad ulteriori intimidazioni.
In particolare:
– nel febbraio 2015, il ricorrente ha subito il danneggiamento del bagno del locale e delle fotocellule del sistema di allarme, che sono stati distrutti a colpi di bottiglia;
– nella notte fra l’1 ed il 2 marzo 2015, malgrado il sistema di allarme e i controlli notturni dei carabinieri nel
sito, alcuni malfattori sono riusciti ad entrare nel suo ristorante e a distruggere la porta della cucina a colpi di mazza e picconi;
– nel maggio 2016, le videocamere hanno ripreso l’ennesimo raid nel ristorante del ricorrente: cinque malviventi sono penetrati all’interno del locale, distruggendo la cucina, urinano sui dolci ivi riposti che subito dopo hanno scagliato contro i furgoni aziendali;
– appena 48 ore dopo i malviventi hanno provato nuovamente a colpire l’attività dello chef, cercando di scardinare la porta secondaria del suo ristorante. Il tentativo questa volta viene sventato dall’allarme, che scattando, ha messo in fuga i malviventi;
– nel giugno 2016 si è verificato il quarto furto al ristorante. Dal sistema di sorveglianza è emerso che i ladri sono entrati nel sito con il proprio furgone e
hanno rubato 48 sedie, per un valore complessivo di 5000 euro;
– nel marzo 2017, è stata recapitata al ricorrente, presso la sua abitazione, una busta contenente una missiva dal tenore intimidatorio ed una cartuccia per arma da fuoco. Le indagini su tale atto intimidatorio sono ancora in corso;
– il 23 luglio 2018, durante la notte ignoti hanno rotto il finestrino della vettura del Giunta posteggiata sotto casa. -ed ancora, in piena notte ignoti salendo dal balcone si sono introdotti all’interno dell’abitazione del Giunta mentre lui si trovava in casa.
Ciò nonostante, il ricorrente ha ricevuto la nota della prefettura con cui, in data 10 luglio 2018, è stata comunicata la decisione dell’Ufficio Centrale Interforze
del Ministero dell’Interno di revoca della misura di protezione della quale era stato destinatario e il diniego d’accesso agli atti del relativo procedimento, perché classificati come riservati.
In sede monocratica, essendo stati ravvisati i presupposti dell’estrema gravità ed urgenza, con decreto presidenziale n. 4686 del 2 agosto 2018, è stata accolta la misura cautelare richiesta.L’amministrazione si è costituita in giudizio.
La parte ricorrente, in data 7 settembre 2018, ha depositato copia della denuncia di altri fatti intimidatori compiuti nei suoi confronti negli ultimi giorni nonché il documento attestante l’avvenuto ripristino della misura di protezione, da parte dell’amministrazione, in adempimento del decreto cautelare.
All’esito della camera di consiglio del 12 settembre 2018 è stata confermata la misura cautelare già adottata in sede monocratica ed è stato altresì richiesto all’amministrazione di depositare gli atti del procedimento de quo.
L’amministrazione ha adempiuto alle richieste istruttorie depositando in giudizio il provvedimento di revoca delle misure del 17 maggio 2018 e gli stralci dei verbali delle riunioni di coordinamento delle Forze di Polizia. Il ricorrente ha, infine, depositato la denuncia di un ulteriore furto avvenuto nella sua abitazione in data 11 settembre 2018, dalla quale è stato, tra l’altro, portato via lo zaino contenente gli effetti personali. Alla pubblica udienza del 18 dicembre 2018 la causa è stata discussa per passare, infine, in decisione.
L’amministrazione ha depositato in giudizio il provvedimento, finora ignoto al ricorrente, con cui, all’esito di varie riunioni tecniche di coordinamento delle Forze di Polizia, l’Ufficio Centrale Interforze per la Sicurezza Personale, ha disposto la revoca del dispositivo di 4° livello “tutela su auto non protetta” attuato nell’ambito della sola regione Sicilia, ed il contestuale mantenimento di un servizio di vigilanza dinamica presso le sedi delle attività imprenditoriali nonché vigilanza generica
radiocollegata in prossimità delle abitazioni dell’interessato e della famiglia, poiché “è stata riscontrata una insussistenza di episodi di possibile natura intimidatoria e di accadimenti eventualmente pregiudizievoli per la sicurezza personale.
Il contenuto del provvedimento di revoca è stato reso noto al ricorrente dal Prefetto di Palermo con nota del 10 luglio 2018, oggetto del presente gravame, in cui, oltre a dar conto della permanenza delle altre misure di protezione territoriali, si dà altresì atto della valutazione dell’episodio dell’8 marzo 2017 quando al Giunta è stata recapitata una missiva dal tenore intimidatorio, contenente un proiettile, nonostante il quale sono state ritenute comunque adeguate le misure territoriali in atto vigenti per l’imprenditore.
In considerazione dell’avvenuta ostensione di tutti gli atti procedimentali in corso di causa, deve innanzitutto essere dichiarata la sopravvenuta carenza di interesse rispetto al motivo spiegato avverso il diniego di accesso. L’odierno ricorrente, a seguito: delle denunce sporte contro esponenti della consorteria mafiosa; della
collaborazione fornita nelle indagini che hanno poi condotto alla condanna di cinque imputati e del ruolo esemplare assunto nell’ambito dell’anti-racket, quantomeno per la comunità locale, è stato oggetto di specifica valutazione da parte dell’apparato amministrativo, quale persona soggetta ai peculiari pericoli contemplati dalla legge e, all’esito di tale valutazione, è stato ritenuto esposto ad uno dei suddetti livelli di rischio e, segnatamente, al quarto livello di rischio, ragione per la quale è stata disposta nei suoi confronti la apposita misura della “tutela su auto non protetta”.
Appare evidente come, a fronte di una così approfondita e specifica valutazione posta alla base della originaria erogazione della misura di protezione in questione, la opposta decisione della revoca della misura medesima non possa essere adottata se non sulla base di una valutazione e, dunque, di una motivazione, altrettanto approfondita e specifica in ordine alla situazione di rischio in cui versa il soggetto protetto, motivazione che, nel caso di specie, è invece del tutto mancata.
Il ricorrente ha, infatti, ampiamente documentato e rappresentato in giudizio la considerevole serie di atti intimidatori di cui è stato ininterrottamente vittima a decorrere dalla sue prime denunce alle autorità di pubblica sicurezza ed aventi ad oggetto le richieste estorsive subite.
Atti intimidatori che non solo si sono susseguiti nel tempo a partire dal 2012 ma che hanno persino raggiunto un livello di considerevole gravità con l’episodio, più recente in ordine temporale, allorquando il ricorrente ha ricevuto
una lettera intimidatoria corredata dall’invio di un proiettile, nel marzo del 2017.
Ciò nonostante, nel verbale di riunione di coordinamento del 4 maggio 2018 si afferma, apoditticamente, che “non sono stati rilevati ulteriori elementi
confermativi in merito alla sussistenza di una concreta ed attuale esposizione del Giunta a pericoli o minacce correlabili ad uno dei livelli contemplati dal richiamato, anche in considerazione dell’ormai lontananza nel tempo degli episodi di presumibile natura intimidatoria”.
Episodi che ben lungi dall’essere risalenti, giova ribadire, si sono peraltro verificati sino alla prossimità della camera di consiglio quando il ricorrente subiva un furto dalle dubbie modalità attuative.
In conclusione ed in relazione a tutte le rappresentate circostanze, non risultano essere state operate adeguate ed approfondite valutazioni, ad opera delle competenti autorità, in relazione alla situazione di potenziale pericolo alla quale potrebbe essere ancora esposto l’interessato. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve, quindi, essere accolto con conseguente annullamento del gravato provvedimento di revoca del 17 maggio 2018, oggetto della comunicazione prefettizia del 10 luglio 2018, con obbligo per l’Amministrazione di rivalutare la situazione dell’interessato.
Sussistono gravi ed eccezionali motivi, legati alla particolarità della vicenda e delle questioni trattate. Per questo motivo, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto annulla il gravato provvedimento
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